Il Sindaco Giuseppe Bovo e la ricostruzione di Monselice dopo la 2^ guerra Mondiale

 Il mio contributo pubblicato nella Rivista ‘Terra d’Este?’ anno XX n. 40 luglio dicembre 2010. Atti del convegno di studi 5 giugno 2010 presso il Gabinetto di Lettura di Este. L’estratto in PDF è disponibile qui sotto.

 Saggio di Flaviano Rossetto – Clicca qui..

Flaviano Rossetto Goffredo Pogliani, Giovanni Ziron,  Antonio Masiero e Giuseppe Bovo Quattro sindaci per ricostruire Monselice (1945-1954)

Este, 5 giugno 2010

 

A Monselice il sindaco della liberazione e della ricostruzione è stato il professore di lettere Giuseppe Bovo, in carica dal settembre 1946 al marzo 1954, con una pausa di un anno che utilizzò per prepararsi, inutilmente, al concorso di preside per le scuole medie. Era figlio di un coltivatore diretto, sapeva parlare e convincere, ma soprattutto aveva frequentato assiduamente il patronato parrocchiale ‘S. Sabino’ retto con coraggio e determinazione da don Aldo Pesavento[1].

In realtà il dopoguerra monselicense deve essere esaminato nel suo complesso perché nel giro di pochi anni si formerà una nuova classe dirigente che troverà nella democrazia cristiana comuni ideali politici, religiosi e sociali. Dal 1945 al 1960 una decina di monselicensi si alternarono, direttamente o indirettamente, alla guida della città condividendo esperienze politiche ed umane vissute o sperimentate nel periodo della liberazione e nei primi anni di governo cittadino. Il loro operato è evidente in un opuscolo distribuito alla cittadinanza poco prima delle elezioni amministrative del 1956, nel quale vengono riassunti dieci anni di interventi pubblici. Nel volumetto[2] traspare l’orgoglio di una classe dirigente che nel bene e nel male è riuscita ad avviare la modernizzazione della città trasformando profondamente le sue strutture e i suoi modelli di organizzazione sociale. I giovani DC hanno saputo alternare progetti di sviluppo economico con interventi assistenziali consentendo ad una gran parte della popolazione di poter usufruire di beni e servizi in misura superiore rispetto al passato. Il nuovo ‘benessere’ ha anch’esso contribuito a cambiare in modo radicale le strutture, le istituzioni economiche e sociali, i modi di pensare, gli stili di vita, i modelli culturali, i comportamenti e le aspettative della gente della Rocca.

La liberazione e la nomina del sindaco

Torniamo al 28 aprile 1945 quando arrivò la “liberazione” anche per Monselice. Nella mattinata uscì dalla clandestinità il Comitato di Liberazione Nazionale per Monselice composto in questa fase iniziale da Goffredo Pogliani (comunista), Antonio Masiero (demo-cristiano) Leonardo Simone (azionista) Arturo Mattei (socialista). Il comitato, prima dell’arrivo degli alleati, prese possesso della residenza municipale, anche se i capi fascisti erano fuggiti già da qualche giorno. Dalla residenza municipale coordinarono le ultime fasi della resistenza aiutati da molti monselicensi che innalzarono alcune barricate lungo le vie più importanti della città per fermare gli ultimi tedeschi in fuga, mentre gruppi di ‘patrioti’ si mobilitarono per arrestare i fascisti e quanti avevano collaborato con il passato regime. Molti tedeschi e parecchi fascisti si arresero, ma la maggior parte rispose con le armi. Gli scontri a fuoco lasciarono sul terreno una decina di  morti e molti feriti[3].

Verso sera dal poggiolo del municipio il comunista Goffredo Pogliani e il sacerdote don Aldo Pesavento << rivolsero – così dice la delibera – parole di compiacimento ai patrioti ed alla folla ammassata sulla piazza, con l’invito alla concordia ed alla calma >>. Un partigiano comunista e un sacerdote assieme sul poggiolo del municipio per tranquillizzare la folla: essi erano i punti di riferimento di due ben definite forze politiche che si contenderanno la guida dell’amministrazione comunale per quasi quarant’anni.

Il 30 aprile giunse in paese il governatore inglese J. Kitson Harris, dell’ottava armata per incontrare il comitato di Liberazione monselicense e per  conoscere le forze partigiane attive in paese. Il giorno dopo nominò sindaco il comunista Goffredo Pogliani e suo vice il  democristiano Antonio Masiero. Nominò anche la nuova Giunta, che risultò composta da: Luigi Giorio (capo partigiano comunista), Spartaco Scarparo (comunista), Sturaro Giuseppe (comunista), Mario Vernacchia (democristiano), Simone Leonardo (azionista) e Mattei Arturo (socialista).

La cronaca di quei giorni termina quindi con ‘l’investitura’ ufficiale effettuata dal governo alleato dei componenti del CLN monselicense, ma essi erano soprattutto espressione di una realtà politica maturata in almeno due anni di contrastata e drammatica lotta clandestina. La composizione politica della prima compagine amministrativa rispecchiava, anche numericamente, le forze partigiane attive durante la resistenza. Le brigate ‘garibaldine’, legate al partito comunista, che avevano sostenuto una lunga lotta con pesanti perdite, ebbero la maggiore rappresentanza in seno al parlamentino monselicense. E’ utile ricordare che il movimento partigiano locale era stato decimato nell’inverno ’44 e quelli che sopravvissero si arresero profittando degli sconti di pena che potevano avere i partigiani se abbandonavano la lotta armata[4]. Accanto al movimento comunista a Monselice era attiva la dissidenza cattolica che si alimentava e prosperava grazie ai giovani che frequentavano il patronato ‘San Sabino’, coordinati proprio da don Pesavento che per questo sarà arrestato, mentre il presidente dell’azione cattolica Remigio Temporin verrà deportato in Germania e ritornerà a Monselice solo per morirvi. Saranno proprio i giovani cresciuti nell’azione cattolica che prenderanno le redini della città con le prime elezioni amministrativi del ’46 e formeranno la classe dirigente che governerà la città fino al 1960.

Abbiamo scarse notizie sui fatti relativi alla costituzione a Monselice del CLN, ma pensiamo abbia iniziato ad operare in primavera, in stretta collaborazione con i comandi provinciali delle varie forze partigiane.

La documentazione conservata a Monselice avvalora l’ipotesi che di fatto il CLN locale sia diventato, dopo la liberazione, un organo consultivo della giunta comunale nominata dagli alleati, fornendo pareri sui principali problemi cittadini, fino alla nomina del primo consiglio comunale. Sappiamo che il 23 maggio 1945 il CLN monselicense era composto da Giovanni Carestiato (socialista), Giuseppe Bovo (demo-cristiano), Alberico Mardegnan (comunista) e da Luigi Secco del partito d’azione. Qualche mese più tardi e precisamente il 30 agosto 1945 ne facevano parte pure Giovani Temporin (socialista), Livio Cortellazzo (partito d’azione) e Bruno Sattin (rappresentante del comitato volontari per la libertà). Era attivo anche un CLN mandamentale, presieduto proprio dal futuro sindaco Giuseppe Bovo.

Le forze politiche, date le contrapposte ideologie, erano in lotta tra di loro: regnavano il sospetto e la prevaricazione. Era soprattutto la DC che riteneva di essere danneggiata dalla maggioranza comunista che governava la città. La situazione precipitò il 13 luglio 1945: con una lettera di dimissione presentata da Giuseppe Bovo il futuro sindaco precisava di aver aderito

 << alla richiesta d’entrare quale membro nel C.L.N. unicamente con lo scopo di dare il suo modesto contributo all’instaurazione di un regime di cose che fosse secondo giustizia, degno della libertà acquistata  […] ma […] subito mi sono trovato di fronte a soprusi, soperchierie e furti compiuti da elementi appartenenti al locale comando Garibaldini senza poter avere l’autorità e forze adeguate su cui contare. Innanzi ad una situazione del genere sento la mia permanenza al posto di comando una minorazione alla mia dignità personale ed al mio senso di rettitudine e d’onestà, e ora non intendo avvallare ulteriormente con la mia presenza uno stato di cose che non è secondo giustizia. Ho un unico rammarico: abbandonare il campo in lotta e quei compagni di lavoro che con me hanno contribuito per il medesimo ideale >>.

Ritorneremo su questo argomento perché l’operato della prima giunta fu criticato da  altre forze politiche che chiedevano più trasparenza (come diciamo oggi noi ) nell’operato del sindaco comunista.

D’altronde la situazione complessiva era molto preoccupante la maggior parte dei servizi pubblici (uffici municipali, scuole, strade, acquedotto, illuminazione, macello, ecc.) a causa della guerra era in condizioni disastrose. Il bilancio comunale – recita un documento ufficiale – era deficitario al punto da non bastare a fronteggiare le spese ordinarie. L’economia comunale

 << usciva dalla guerra paurosamente depauperata, nell’agricoltura, nell’artigianato, nella piccola industria cittadina,  nel commercio e viveva sotto l’incubo pauroso dell’inflazione.  Mancava lavoro per centinaia e centinaia di padri di famiglia e la miseria più squallida spegneva tanti focolari. Si aggiunga lo smarrimento morale in cui la guerra prima e la più sfrenata faziosità politica poi avevano gettato negli individui.  […] >>.

Solo col mercato ‘nero’ era possibile trovare qualcosa da acquistare, ma a prezzi molto elevati. Per contenere i costi fu costituito un Comitato Economico di Azione Popolare per la lotta contro il mercato ‘vile’. Ma i risultati ottenuti furono scarsi, specie per i generi alimentari di prima necessità. In una relazione del 6 ottobre 1945 il CLN di Monselice faceva presente che il comune era diventato addirittura il centro delle attività ‘borsaneristiche’ più sfacciate. Afferma il documento. << Nel centro cittadino si contrabbanda in larga scala carnami e grassi, mentre le frazioni si erano specializzate nella vendita a mercato nero di grano e granone verso Trieste e il Cadore >>. Con una punta di sarcasmo il presidente del comitato faceva notare come la polizia addetta a posti di blocco non si interessasse del commercio clandestino, ma controllasse solamente i libretti di circolazione degli automezzi, generando fra la cittadinanza << uno stato di seria apprensione ed un certo risentimento verso le autorità locali >>,  incapaci a porvi rimedio.

Goffredo Pogliani (1 maggio 1945 – 18 ottobre 1945)

In questo clima iniziava la sua attività politica Goffredo Pogliani il primo sindaco  comunista di Monselice dopo la liberazione, nominato dagli alleati. Era nato a Vicenza il 9 novembre 1892 lavorava come cassiere presso la Cassa di Risparmio di Monselice. Il gruppo dirigente PC era stato decimato durante la resistenza e in quei frangenti Pogliani poteva costituire l’elemento più rappresentativo del partito in grado di far dimenticare la sottaciuta alleanza del PC con elementi della malavita locale creatasi durante la resistenza. Era mite e buono precisano oggi esponenti del vecchio PC, ma forse non aveva l’autorità da leader che la situazione richiedeva.

Su tutto pesava l’angoscioso clima economico: mancavano le risorse per rimettere in moto l’economia e il piccolo artigianato locale. Moltissime le tensioni in città. La popolazione si aspettava dall’amministrazione comunale segnali di ripresa economica in grado di rispondere alle richieste di lavoro e di stabilità sociale. Un deciso gesto di insofferenza venne compiuto anche dai componenti DC della Giunta. Il 5 agosto 1945 il vice sindaco (DC) Antonio Masiero, con una lettera inviata al governatore alleato, al prefetto e al sindaco di Monselice, rassegnava le dimissioni motivandole con

<< il ripetersi di fatti veramente odiosi in seno all’Amministrazione Comunale, di continue concessioni e di autorizzazioni che a mio modo di vedere raggiungono l’arbitrio. Pertanto sono venuto nella determinazione di rassegnare le mie dimissioni dalla carica di Vice-Sindaco.  Dopo aver fatto quanto era in me, durante il periodo cospirativo, in seno al CLN in rappresentanza della Democrazia Cristiana, pensavo che l’entusiasmo non mi si dovesse svilire adoperandomi, a libertà raggiunta, quale Vice-Sindaco del Comune di Monselice. I fatti invece mi hanno mentito, vi prego pertanto di voler cortesemente accogliere le mie dimissioni  >>.

Il 12 agosto 1945 la DC monselicense rafforzava il pensiero di Masiero precisando

<< che malgrado le assicurazioni avute, si ripetono atti arbitrari che diminuiscono il prestigio della DC e l’autorità di chi la rappresenta, e che nulla si è fatto e si fa per evitarli […] Stante l’attuale situazione la DC ritira i suoi membri dall’Amministrazione Comunale e dal C.L.N., affinché sia istaurato un ordine di cose che sia conforme ed equo. Pertanto il Vice-Sindaco, il membro della Giunta Rag. Vernacchia, il membro nel C.L.N. da oggi cessano le loro funzioni  >>.

Al di là della veridicità delle accuse, la DC voleva che il sindaco non prendesse decisioni di particolare importanza senza preventiva approvazione degli assessori in carica e chiedeva inoltre un rimpasto della giunta comunale con una più corretta ripartizione delle cariche. Semplificando gli uomini della DC chiedevano che il parlamentino monselicense fosse composto da due membri comunisti, due socialisti, due democristiani e uno del partito d’Azione. In definitiva la DC era molto attenta a tutelare la propria immagine pubblica prendendo esplicitamente le distanze dal PC sulle più importanti decisioni politiche, ma nel contempo si proponeva quale forza alternativa. La situazione politica precipitò, tanto che il 21 settembre 1945 Pogliani si dimise dalla carica di sindaco, ufficialmente per motivi di lavoro. Fu sostituito dal compagno di partito Giovanni Ziron, in conformità – si legge nei documenti – a quanto stabilito dall’esecutivo della locale sezione del PC. La carica di sindaco era quindi di esclusiva competenza del partito comunista.

La situazione politica era agitata anche negli altri partiti. Ad esempio l’assemblea della sezione mandamentale del partito liberale italiano,  con una nota del 14 ottobre 1945, chiedeva di avere un suo rappresentante in seno alla giunta comunale di Monselice e precisava che

< nella procedura per la nomina del nuovo Sindaco Ziron si erano usati metodi di pretta marca fascista, per cui ai diritti degli uomini liberi, si è sovrapposto l’ordine perentorio, se non anche, l’intimidazione del PC  >>.

Giovanni Ziron (19 ottobre 1945 – 22 marzo 1946)

Il secondo sindaco fu dunque il comunista Giovanni Ziron. Si insediò il 19 ottobre 1945, ma già a metà novembre si presentarono dimissionari gli assessori Masiero, Gittoi e Bassani che nel frattempo avevano integrato la prima giunta nominata dagli alleati. I contrasti tra i partiti non si erano spenti con la nomina della nuova giunta: anzi era evidente che solo le elezioni avrebbero posto fine alle pretese di quanti non si sentivano rappresentati nella giunta monselicense.

Neanche i problemi economici comunali trovarono soluzione, tanto che il 30 novembre si rese necessario istituire una nuova imposta sulla produzione del vino. Nell’approvare il bilancio preventivo 1945 il sindaco Ziron precisava << che dato il continuo rapidissimo ritmo di aumenti di tutti i costi, non è possibile nemmeno parlare di cifre stabili per le singole voci del bilancio comunale >>. Le spese più consistenti erano causate dalla manutenzione delle strade e quelle delle  rette ospedaliere degli indigenti. Alla fine venne approvato un bilancio per complessivi 16.589.000 di lire.

Tra i provvedimenti successivi adottati dall’amministrazione Ziron segnaliamo l’istituzione di una tassa del 5 % sulla vendita della trachite monselicense per far fronte alle spese derivanti dall’assistenza, aumentate ulteriormente dal rincaro delle rette di degenza e dei medicinali. Il sindaco ammetteva che, nonostante l’applicazione al massimo dei tributi, non riusciva a colmare una differenza tra entrate e uscite quantificata in 7,8 milioni di lire. Nei mesi seguenti furono adottate delibere di normale amministrazione. Era chiaro però che tutti stavano preparando le prossime elezioni amministrative.

Elezioni amministrative del 17 marzo 1946

Grande era l’attesa della popolazione per le elezioni con le quali si passava alla ricomposizione democratica dell’amministrazione cittadina. I partiti protagonisti della resistenza e della liberazione si attivarono immediatamente nel tentativo di riannodare vecchi legami con la popolazione. Fu soprattutto la Democrazia Cristiana che mobilitò tutte le strutture sociali, religiose e produttive ad essa vicine. I candidati al nuovo consiglio comunale furono scelti tra quelli che avevano frequentato l’azione cattolica e in particolare il patronato di don Pesavento, il sacerdote che assieme a Pogliani tranquillizzava la folla dal municipio nei giorni della liberazione. Nelle campagne i coltivatori diretti mettevano in lista i propri rappresentanti con l’appoggio dei cattolici mentre i braccianti, la manovalanza delle cave e i vecchi socialisti si aggregarono con le forze comuniste e socialiste.

 La campagna elettorale fu dura e impegnativa da entrambe le parti, ma senza scorrettezze di rilievo. Entro i termini previsti furono presentate 3 liste elettorali:  ‘Democrazia Cristiana’,  ‘Partito Liberale Italiano’ e il  ‘Blocco Repubblicano del lavoro e della ricostruzione’ (PCI,  PSI, partito d’Azione). All’ufficio elettorale risultavano iscritti 9.703 elettori; 8.420 espressero la loro preferenza nelle tre liste. Presentiamo i risultati elettorali nei vari seggi perché rispecchiano una realtà elettorale che rimarrà inalterata per molti decenni a Monselice.

ELEZIONI  COMUNALI  DEL 17 MARZO 1946 A   MONSELICE
SEGGIO Num.  VOTI DC PLI PSI – PCI Part. vincitore
1: zona   Montericco 713 235 29 336 PSI – PCI
2: Centro Monselice (Piazza Mazzini e salita Duomo, Via Piave…) 663 229 21 233 PSI – PCI
3: Centro Monselice  (Cadorna e Costa Calcinara…) 665 215 54 285 PSI – PCI
4: Centro Monselice (Via Garibaldi e Piazza Vittoria, via Orti e 28 Aprile…) 686 265 26 263 DC
5: Centro Monselice – zona (San Giacomo…) 641 238 22 255 PSI – PCI
6: Centro Monselice (vie Carrubio, Fragose…) 736 280 31 322 PSI – PCI
7: San Cosma 739 381 30 263 DC
8: Vetta sotto San Cosma 782 443 32 236 DC
9: Ca’ Oddo 769 378 37 274 DC
10: Marendole 655 276 45 209 DC
11: San Bortolo 673 317 24 259 DC
12: Zona Savellon 698 379 40 194 DC
 
TOTALI 8420 3636 391 3129

Dall’esame dei voti riportati nei singoli seggi elettorali, sparsi per il territorio, è facile notare come siano state le frazioni a far prevalere la Democrazia Cristiana. Il centro cittadino invece appoggiò i partiti di sinistra. Significativo il risultato del seggio di Montericco, nel quale votarono compatti per le sinistre, i lavoratori delle cave. In definitiva la DC aveva – e avrà per molti anni – la maggioranza assoluta in consiglio comunale. Ogni dialogo con la minoranza venne interrotto e le strategie politiche ed economiche, d’ora in avanti, saranno discusse solo all’interno della DC.

Grande deve essere stata la delusione dei partiti della sinistra a Monselice, eredi di una tradizione che risaliva addirittura agli ultimi decenni dell’ottocento con la fondazione della prima sezione internazionalista, rinvigorita poi grazie all’opera di Angelo Galeno. Esemplare il declino del partito socialista che, fino all’avvento del fascismo, aveva rappresentato nel monselicense una forza politica e sindacale significativa. Basti pensare che nelle politiche del 1919 e del 1921 (Prima della sezione con PCI) il PSI era risultato il primo partito, rispettivamente con 854 e con 1.185 voti, e che persino nelle elezioni del 1924, nel clima violento e repressivo della dittatura fascista già in atto, la sinistra, pur divisa, aveva ottenuto 879 voti, contro i 1.265 della lista nazionale e i 531 del Partito popolare.

Quali le ragioni del cambiamento? E’ scontato affermare che l’annullamento delle organizzazioni politiche e sindacali, soprattutto rosse, compiute dal regime fascista è stata determinante, ma crediamo che tra le cause del fallimento elettorale si debbano aggiungere  quelle determinate dalla mancanza di personalità di spicco dei dirigenti comunisti e socialisti locali. I primi due sindaci comunisti – come abbiamo visto – non erano stati in grado di offrire garanzie per il futuro della città. Dall’altra parte il peso e la capacità di aggregazione della chiesa e dell’associazionismo cattolico, già nel corso del ventennio, erano cresciuti accanto a quello fascista.

Dopo la liberazione, la classe politica democristiana si era quindi avvalsa delle strutture parrocchiali e del sostegno delle associazioni cattoliche per ricostruire un’articolata trama di consensi, mentre il gruppo dirigente socialista e comunista non ha saputo o forse non ne ha avuto neppure il tempo di riannodare i contatti che agli inizi del Novecento aveva intrecciato con il ceto medio urbano. Ma soprattutto la classe politica socialista e comunista locale aveva perso i legami con la base rurale  monselicense.

Il partito democristiano seppe fare opera di mediazione fra il vecchio e il nuovo, così da offrire garanzie di continuità a quanti temevano ogni brusco cambiamento che potesse intaccare lo status sociale ed economico raggiunto.

Da sottolineare il fatto che il gruppo dirigente dei due gruppi politici era composto da figure di modesta origine sociale e culturale. Quasi tutti esercitavano attività artigianali, impiegatizie o erano venditori ambulanti.

Il nuovo consiglio comunale fu convocato il 23 marzo 1946 e subito iniziarono i lavori con la convalida degli eletti (che riportiamo più sotto). La composizione politica era la seguente: 24 consiglieri alla democrazia cristiana e 6 al blocco repubblicano (comunisti,  socialisti e  azionisti).

CONSIGLIERI  COMUNALI  1946-1951
Vernacchia Mario DC Capoufficio delle imposte; meridionale, molto legato all’ambiente cattolico.
Altieri Luigi DC Benestante, abitava in via Trento Trieste; di formazione cattolica, non accettò altri pubblici incarichi.
Andolfo  Massimiliano DC Imprenditore, proveniente dal PPI e dall’AC; era fabbriciere.
Bovo Giuseppe DC Insegnante di lettere, era nato nella frazione della Stortola – oggi San Cosma – ove i suoi erano coltivatori diretti.
Masiero Antonio DC Responsabile dell’Amministrazione Cini, era membro del CLN, proveniente dall’AC.
Zannoni Giovanni DC Capitano di lungo corso, figlio di un capostazione, ex deportato.
Trevisan  Giuseppe DC Maestro elementare, poi impresario edile e futuro sindaco.
Gazzea  Giovanni DC Insegnante di lettere, ex deportato, proveniente dalla compagna di via Vetta.
Gittoi Angelo DC Commerciante di biciclette in via Roma, fabbriciere; proveniva dall’AC.
Salmistraro Giuseppe DC Rappresentante  AC della zona della Stortola.
Cavestro Alfredo DC Agricoltore di Ca’ Oddo, di formazione cattolica.
Pighi Mario DC Ferroviere, emiliano, proveniva dall’AC.
Manzoni Cesare DC Commerciante di prodotti agricoli, con negozio situato vicino al ponte di ferro, di matrice cattolica.
Bertoni Egidio DC Ferroviere di formazione cattolica.
Mingardo Cirillo DC Agricoltore, nipote di don Basilio.
Sturaro Sebastiano DC Agricoltore di via Savellon, fu geometra dei Coltivatori Diretti nonché presidente dell’ospedale
Zerbetto Antonio DC Detto Kino, era impresario edile, abitava in via del oorto vecchio; faceva parte del  PPI.
Brunasti Eugenio DC Fabbro di via Carrubbio, proveniva dall’AC.
Greggio Augusto DC Agricoltore, zio degli avvocati Giuseppe e Dino Greggio
Andolfo Gino DC Agricoltore, una sua figlia aveva una lavanderia, ora chiusa in piazza Ossicella.
Temporin Riccardo DC Agricoltore abitava a mezza strada di via Stortola, proveniva dall’AC; era membro della Schola Cantorum del Duomo.
Vallese Alvise DC Coltivatore diretto proveniva dall’AC.
Zerbetto Riccardo DC Coltivatore diretto ed ex combattente.
Quaglio Luigia DC Responsabile della vecchia SIP a Monselice, madre di una impiegata comunale.
Pogliani Goffredo PC Cassiere alla Cassa di Risparmio. Persona ‘mite e buona’. Fece parte del CNL e fu il primo sindaco di Monselice.
Carestiato Giovanni PC Avvocato socialista.
Scarso Vincenzo PC Commerciante di abbigliamento nell’angolo tra via Roma e via Cesare Battisti.
Mardegan Alberico PC Impiegato postale.
Mattei Arturo PS Ferroviere, licenziato dal fascismo perché non vi aderì; socialista era un anticlericale convinto;
Veronese Eustorio Mario PC Viveva di rendita in via 28 Aprile.

Tra gli eletti figurano quattro ex componenti del CLN di Monselice (Masiero, Vernacchia, Pogliani e Mattei) segno evidente del consenso, anche personale, che riscuotevano tra la popolazione. Alcuni consiglieri DC domineranno la scena politica monselicense per molti anni, ricoprendo incarichi di responsabilità sempre crescenti. Bovo, Gazzea e Andolfo per citarne alcuni, saranno i protagonisti della scena politica locale fino agli anni ‘60 del secolo scorso. La DC negli anni della ricostruzione fece gioco di squadra; a parte Bovo, non c’e’ stato un politico di riferimento, ma una classe dirigente che ha condiviso un comune progetto di sviluppo.

Referendum istituzionale del 1946

Solo un cenno al referendum del 2 giugno 1946 perché a Monselice per 108 voti  (monarchia 4.095 – repubblica 3.987) vinse la monarchia. Un risultato controcorrente rispetto all’andamento nazionale. Giuseppe Trevisan (sindaco a Monselice dal 1975 al 1977) precisa che la DC monselicense su questo punto non aveva assunto una posizione precisa. All’interno del partito le opinioni era diverse ed opposte, ma è dell’idea che tra la popolazione rurale avesse prevalso la “paura per i comunisti” e quindi, in quel clima di cambiamenti, la monarchia offrisse maggiori garanzie di stabilità sociale ed ‘economica’.  Certamente l’adesione alla repubblica fu cauta e accompagnata da molte remore, quasi si volessero lasciare le porte aperte e comunque non si volessero perdere i contatti con quella parte dell’elettorato moderato che avrebbe votato, come di fatto votò, per la monarchia.

 

Antonio Masiero (23 marzo 1946 – 20 settembre 1946)

Il nuovo consiglio comunale venne convocato il 23 marzo 1946. Dalla votazione risultò eletto Antonio Masiero, trentasette anni, amministratore della ditta Cini a Monselice, apparso – come abbiamo visto – nella scena politica già nei giorni della liberazione[5]. Secondo Trevisan, Masiero era la persona più autorevole di cui in quel momento la DC potesse disporre. Non ci furono altri candidati al posto di sindaco: chiesa e coltivatori diretti lo appoggiarono senza riserve. Come assessori troviamo Massimiliano Andolfo e Giuseppe Bovo, i prossimi sindaci di Monselice. Masiero prese le redini della città con entusiasmo, ma la situazione dell’ente comunale era ancora disastrosa, il bilancio comunale presentava un disavanzo di un milione di lire causato dalle forti spese assistenziali (ricoveri ospedalieri, medicinali e ricoveri di vecchi inabili nella casa di ricovero). Appena insediato Masiero inviò una drammatica lettera al prefetto con la quale descrisse la situazione economica e sociale della città che riassumiamo[6].

Assistenza: l’amministrazione non disponeva di generi alimentari e non era neppure in grado di pagare le indennità alle famiglie bisognose, causando un forte malumore tra la gente. Anche i pagamenti degli assegni ai reduci… erano in notevole ritardo.

Disoccupazione: c’erano 300 capi famiglia senza stabile lavoro che minacciavano di saccheggiare magazzini e granai. Molti operai erano stati momentaneamente occupati nei lavori stradali finanziati con libere offerte di cittadini abbienti.

Alimentazione:  mancavano i generi tesserati, la gente ricorreva all’acquisto di cibo al mercato nero a prezzi maggiorati.

Ordine pubblico: La stazione dei carabinieri era composta da un maresciallo e 3 militari e doveva servire anche per i comuni di San Pietro Viminario e Pozzonovo, incapace quindi a fronteggiare il continuo ripetersi di furti e rapine.

Finanza: I tributi erano spinti al massimo, ma in ogni caso non pareggiavano neppure le spese obbligatorie. Dal 1944 il comune anticipava le spese dei servizi bellici che – in teoria – dovevano essere rimborsati dallo Stato. Ma all’atto della liberazione le somme non rimborsate al comune ammontavano a 2.600.000 di lire.

Per fronteggiare la crescente disoccupazione, il consiglio comunale con una nota del  2 agosto 1946 fu costretto a lanciare un prestito cittadino per finanziare i lavori pubblici da realizzarsi utilizzando la manodopera locale. Il  tasso corrisposto venne fissato al 2,50 %  e a garanzia vennero indicati i beni del comune. L’adesione all’iniziativa fu molto scarsa.

Il primo provvedimento – e ultimo –  di una certa importanza per favorire lo sviluppo economico realizzato dall’amministrazione Masiero fu l’approvazione del progetto relativo alla costruzione del porto industriale << a valle del ponte girevole che porta alla stazione >>.  Doveva – dicono i documenti – << risultare di grande utilità alle ditte industriali e commerciali di Monselice >>. Inoltre doveva facilitare la ripresa dell’attività estrattiva di trachite e contribuire validamente ad eliminare, sia pura in parte, la disoccupazione locale. Negli anni successivi si costruì, sulla riva opposta al porticciolo, un pontile per favorire lo scarico del sasso estratto dal Montericco sulle poche chiatte che ancora utilizzavano la via fluviale. Il costo del nuovo porto venne quantificato in 6 milioni lire: il 50% finanziato dallo stato il rimante dal comune. In verità l’opera sarà di scarsa utilità per le industrie cittadine in quanto il trasporto su strada si imporrà rapidamente su quello fluviale, ma costituì, in questi mesi, una valvola di sfogo per i disoccupati monselicensi.

Giuseppe Bovo (21 settembre 1946  – 9 gennaio 1948;  20 settembre 1948 – 23 marzo 1954)

Giuseppe Bovo

Dopo soli sei mesi dall’elezione, Masiero si dimetteva dalla carica di sindaco per reali motivi di salute, causati dall’impossibilità psicologica di affrontare i gravi problemi amministrativi da risolvere: un po’ di depressione diremmo oggi. Gli successe il prof. Giuseppe Bovo che poteva vantare una consolidata matrice cattolica. Durante il fascismo contribuì all’avvicinamento tra popolari e agrari e aveva fatto parte come consigliere del Movimento di Cultura Popolare insediato in patronato. Dinamico e programmatore, sostenuto da una giunta pragmatica, il nuovo sindaco avviò importanti lavori pubblici che vennero pubblicizzati alla popolazione con specifici manifesti appesi sui muri della città. Possiamo solo immaginare l’effetto psicologico sui monselicensi nel vedere grandi  ‘lenzuoli’ azzurri che annunciavano le iniziative ‘positive’ della pubblica amministrazione. Chissà, forse coprivano gli annunci del passato regime che avvertivano dei bombardamenti o invitavano i giovani ad arruolarsi nell’esercito repubblichino. Ora il sindaco si rivolgeva ai cittadini invitandoli ad aver fiducia, a sperare nel futuro della città. Ne presentiamo alcuni brani perché sintetizzano efficacemente il suo pensiero.

<< Sono iniziati i lavori per la costruzione del porto fluviale, la prima delle grandi opere pubbliche finanziate dal governo per la nostra Città. Inoltre sono stati stanziati 25 milioni per la costruzione di case popolari e per la prossima primavera potremo, almeno in parte, alleviare il penoso problema dei senza tetto, che tanto ci preoccupa.

Inoltre, appena concluse le pratiche burocratiche, avranno corso i lavori per la costruzione dell’acquedotto, che è stato finanziato con un primo stanziamento di 25 milioni e che risolverà definitivamente l’assillante problema dell’acqua. Sono parecchi decenni che si discute l’ormai annosa questione e l’aspirazione di tante Amministrazioni sta per essere una realtà. La nostra Città che esce dalla guerra con profonde ferite nel corpo e nello spirito, e che fra immense difficoltà sta cercando la via del benessere, della tranquillità in un clima di giustizia sociale, avrà in un tempo relativamente breve il suo razionale impianto idrico, degno della sua grandezza e della sua storia.

Non mancano poi i segni di una rinascita anche nel campo industriale. Monselice, il centro più grosso della provincia dopo il Comune di Padova, è rimasto finora un paese eminentemente agricolo pur fruendo di un’invidiabile posizione geografica, possibile di tutti gli sviluppi industriali. E’ inoltre un nodo ferroviario e stradale di primaria importanza, che disporrà tra un mese di un porto attrezzatissimo per il commercio fluviale coi maggiori centri fino al mare. La città si trova ai piedi dei colli Euganei che danno materiale trachitico delle più pregiate qualità, ha un territorio fertilissimo sotto gli aspetti specialmente vinicolo e fruttifero, possiede in una parola risorse e requisiti sicuri per uno sviluppo industriale.

Quando avremo fatto della nostra città un centro anche industrializzato col conseguente assorbimento delle eccedenze di mano d’opera, quando avremo potenziate le fonti della produzione, l’autonomia comunale sarà sinonimo di tranquillità e, speriamo, anche di benessere per tutti >>.

 Significativo un altro manifesto con il quale il sindaco Bovo invitava i datori di lavoro ad assumere nuovi operai e anticipava i progetti relativi alla costruzione di un cementificio per sconfiggere il problema della disoccupazione.

<< L’aggravarsi in questi giorni della disoccupazione in seguito all’esaurimento dei lavori in corso ci spinge a rivolgere  un caldo appello a tutti i datori di lavoro affinché, memori della gravità del momento, intensifichino le attività estive ed impieghino il maggior numero possibile di operai.

L’Amministrazione Comunale, preoccupata dello stato di indigenza in cui vivono tante famiglie ha fatto e continua  a fare quanto umanamente possibile per ottenere il finanziamento di lavori ma non sempre la più ostinata delle volontà riesce a superare l’interminabile burocrazia o la sleale, egoistica concorrenza di terzi. Abbiamo fede di riuscire nel nostro scopo perché ci battiamo per una causa santa e siamo decisi ad andare fino in fondo, ma abbiamo bisogno anche che si comprenda il nostro sforzo e ci si lasci lavorare. […] Chiediamo solo comprensione e ci si lasci condurre a termine il lavoro intrapreso per il bene della città: acquedotto e cementificio. Monselice, 8 Agosto, 1947 >>.

Proprio il cementificio farà discutere molto in paese perché gli agrari avevano paura che i braccianti occupati nella cementeria avrebbero indirettamente  causato l’aumento del costo orario anche della manodopera in agricoltura. Porta la data del 30 maggio 1947 la delibera della giunta comunale con la quale si approvava la domanda presentata dalla società Radici di Bergamo relativa alla costruzione di un cementificio nel comune di Monselice. Le stesse attenzioni furono riservate alla società Italcementi che già nel 1956 prendeva accordi con il comune per costruzione di un secondo cementificio sul territorio comunale. Era l’inizio di un rapporto diventato d’attualità proprio in questi giorni con questa industria che nel bene e nel male costituirà una valvola di sfogo per la disoccupazione locale, ma che contribuirà a devastare irrimediabilmente i colli euganei.

Bovo rimase in carica fino al gennaio 1948, fino cioè al momento delle sue dimissioni  giustificate con la necessità di dedicarsi alla preparazione di un concorso per cattedre di scuola media. Il suo successore fu il prof. Giovanni Gazzea, anche lui aspirante al posto di preside della scuola media di Monselice. Come si può immaginare, la competizione dei due politici per il medesimo posto fu oggetto di sagaci commenti ed avrà sviluppi che lasceranno di stucco i monselicensi.

Gazzea era un ex internato militare in Germania e, come Bovo, aveva studiato in seminario. Del mandato Gazzea va citato l’acquisto, avvenuto nell’agosto 1948, dell’ex canapificio per 10.400.00 lire per adibirlo a mercato e ad attività ludico sportive. Nel 1952 il sindaco Bovo, per incrementare l’attività industriale, lo vendette alla ditta Indelve che produrrà per decenni materiali elettrici e trasformatori. Col ricavato fu acquistata l’area, tra le vie Petrarca e Trento Trieste, sulla quale fu trasferito il mercato coperto dotandolo dei  relativi servizi per una spesa di 16 milioni di lire. Il mercato ortofrutticolo consentirà ai giovani agricoltori di vendere a prezzi remunerativi i frutti della terra fino agli anni ’80 del secolo scorso.

Gazzea rimase in carica fino al 20 settembre 1949, fu costretto a dimettersi  – almeno così dicono i documenti – a causa di un contestato e misterioso progetto di costruzione di una linea ferroviaria Este-Sant’Elena. Lo stesso Bovo, con 19 voti a favore e 5 schede bianche, ritornava primo cittadino di Monselice e vi rimarrà fino al 23 marzo 1954.

Tra i provvedimenti più significativi che ritornano frequentemente all’attenzione del consiglio comunale in questo periodo va ricordato l’impegno di ottenere dal ministero della Pubblica Istruzione l’istituzione di una scuola media. La richiesta fu portata in consiglio comunale già nel dicembre del ’46 da Giuseppe Bovo, all’indomani della sua elezione a sindaco. Nel gennaio del 1950, ritornato alla guida del comune, annunciò che il Ministero aveva finalmente dato il consenso. La scuola media venne sistemata nelle aule ricavate nella storica collegiata della pieve di Santa Giustina e trasferita, qualche anno dopo, nella cinquecentesca villa Pisani per una spesa di 4 milioni di lire. Ma era allo studio un nuovo edificio scolastico da costruire nello spazio adiacente, per una spesa di 18 milioni di lire, proprio dove oggi sorge la scuola media ‘Guinizzelli’. La carica di preside l’ottenne il prof. Gazzea, con grave disappunto di Bovo che per tale motivo si dimise dalla carica di sindaco.

Cambiamenti sociali nel dopoguerra

Negli anni ’50 del secolo scorso la composizione sociale ed economica di Monselice incominciò a cambiare, anche se l’agricoltura continuerà ad avere un peso determinante. Nel 1936 il censimento della popolazione rilevò che il 57 % della popolazione attiva era dedito all’agricoltura, mentre nel 1951 era diminuito a 46%. Se confrontiamo altri dati rileviamo che il processo di modernizzazione dell’economia e di industrializzazione è più evidente: basti ricordare che il numero degli esercizi industriali e commerciali passò dai 469 del ’51 ai 715 del ’61 e quindi agli 871 del ’71, mentre le persone impiegate nell’industria e nel commercio crebbero dalle 1.532 del 1951, alle 3.428 del ’61 fino alle 3.874 del 1971.

D’altronde già nella metà degli anni ‘50 si insediarono le industrie del giocattolo, prima tra tutte la ‘Bambole Franca’, nelle quali troveranno occupazione – anche come lavoranti a domicilio – migliaia di persone residenti perfino nelle provincie vicine. Le bambole ‘made in Italy’ conquistavano i mercati mondiali, dai capannoni dell’azienda ‘Bambole Franca’, ad esempio, uscivano ogni anno da tre a cinque milioni di giocattoli.

Lavori pubblici e opere assistenziali

Alla crescita economica e scolastica si accompagnò il graduale sviluppo delle infrastrutture. Quali ad esempio il già citato acquedotto, costato 39 milioni di lire e il macello costruito con una spesa di circa 10 milioni di lire. Sotto la guida di Bovo si approvò il progetto di elettrificazione delle frazioni per una spesa iniziale di 43 milioni di lire. Numerose furono le opere stradali come l’asfaltatura delle strade per Cona, Conselve, Pozzonovo e la costruzione di una piccola tangenziale che unirà le statali 10 e 16 per Rovigo e per Este. Di notevole giovamento per l’agricoltura fu la costruzione del nuovo mercato ortofrutticolo, citato poco fa.

Merita di essere ricordato il sostegno concreto del comune nella costruzione del nuovo Duomo, quasi un ringraziamento che la classe dirigente DC doveva alla chiesa per l’aiuto offerto nell’organizzare il consenso elettorale. Nel 1953 il comune acquistò la chiesa di S. Paolo, il patronato San Sabino e altri immobili per agevolare la costruzione del nuovo edificio religioso che da quasi mezzo secolo turbava i sogni del clero locale. Si arrivò addirittura a discutere in  consiglio  il 24 ottobre del 1956 la proposta di un contributo di sei milioni per finanziare la costruzione della nuova chiesa. La costruzione del Duomo suggerì pure la sistemazione del vicino palazzo Tortorini a residenza municipale. I due edifici determineranno una nuova e moderna articolazione del centro cittadino, causando lo spostamento più a sud del baricentro della città, favorendo in tal modo una più razionale sistemazione dei servizi pubblici.

Davvero notevole è stata la spesa assistenziale supportata dal comune nel periodo preso in esame: nel 1955, ad esempio, per spese ospedaliere furono stati stanziati 23 milioni di lire; per medicinali 5,6 milioni; per ricovero indigenti 9,5 milioni. L’aumento progressivo delle spese per le persone bisognose è stata una costante nella politica democristiana del dopoguerra.

Conclusioni

In definitiva la DC con il sindaco Bovo realizzò un complesso progetto di ammodernamento della città, giovandosi dei legami politici e soprattutto della rete di relazioni con i parlamentari della DC i quali aiutarono come poterono l’iter burocratico delle opere in cantiere.  Le infrastrutture legate all’industrializzazione si completarono, nel dicembre del 1969, con l’acquisto del terreno sul quale si insediò la zona industriale, realizzata anche grazie all’attenzione dell’allora assessore all’industria e commercio Giuseppe Trevisan. Monselice quindi si avviava a diventare effettivamente un polo di attrazione e di riferimento per tutta la Bassa Padovana, come aveva sperato il sindaco Giuseppe Bovo e con lui i consiglieri comunali eletti nel lontano 1946.


APPENDICE DI TREVISAN SULLE ATTIVITA’ DI G. BOVO

Porto fluviale: per favorire il trasporto fluviale del sasso trachitico. Il pontone lo si fece poi, dalla parte opposta al porto, un pontile di calcestruzzo e sasso per favorire un rapido scarico dei cassoni ribaltabili dei camion (residuati di guerra americani che tutti chiamarono “doge” ) anno 1946.  Ora il porto serve all’attività remiera; il portile è base di un monumento al marinaio.

L’acquedotto 1948-49. Acqua estratta con pompe in zona Candie progetto 1946 Ing. Carturan e C. .. Rete dell’acquedotto era limitata al centro storico. Serbatoio sulle pendici della Rocca dove è ancora oggi (poi l’acquedotto avrà ampliamenti e trasformazioni di provenienza acqua)

Capanificio. Nell’ agosto 1948 il sindaco Gazzea acquistò l’ex canapificio per adibirlo a mercato e ad attività ludico sportive. Nel 1952 il sindaco Bovo lo vendette alla ditta INDELVE-costruttrice di materiali elettrici come è trasformatori per incrementare l’attività industriale.

Mercato ortofrutticolo anni 1952-53. Fu Acquistato il terreno Bertini, posto a destra su via Petrarca prima del sottopasso ferroviario per adibirlo a Mercato. Fu attrezzato con la costruzione due tettoie coperte in laterocemento. Installazione mercato ortofrutticolo giornaliero ad ampio respiro che prima era nella piazza Ossicella, Gestione in appalto. Fu molto frequentato.

Villa Pisani. Negli anni 1953-54 fu acquisto un terreno con fronte tra via Belzoni e T. Trieste comprendente Villa Pisani per fare la nuova scuola media. Vi furono piccole modifiche con l’eliminazione di tramezzature e creazione di servizi igienici. Bidello fu posto il signor. Pecorari – rifugiato giuliano che aveva precedenti esperienze nell’edilizia – ben presto scoprì l’esistenza di affreschi che cominciò a metterli in luce qua e là scrostando con l’acqua la crosta di calce viva che secoli fa era stata fatta come disinfestazione durante la moria per la peste. Furono abbattute le casupole di abitazioni che circondano la villa.

Queste ultime due operazioni di acquisto servirono poi nella prima per costruire la via Matteotti e le case popolari, nella seconda via Guinizzelli, la scuola media, e case popolari. In generale furono curate: la viabilità generale con la stessa di emulsione bituminosa sugli acciottolati ottocenteschi, dal centro e su alcune strade comunali migliorate; tutte le strade vicinali furono annualmente sistemate con pietrisco di cava del Montericco (operazioni che poi continueranno per parecchi anni).

Linee elettriche: fu ampliata la rete elettrica nella periferia e nelle frazioni (quest’ultime erano ancora al buio).

Eca: Fu potenziata l’assistenza sociale e l’E.C.A. divenne centro dell’attirata-stabile esistente via Orti e via Marconi già costruita nel 1941, diretta da Antonio Garofoli. Quell’ente si trovò pronto – presidente Narciso Mingardo – per sopperire a tutti i bisogni degli sfollati; per l’inondazione del Po 1951.

Festa del Persego: Incrementò il mercato ortofrutticolo istituendo la “festa del persego” iniziativa che per breve tempo era già stata presa prima della guerra.

Il Sindaco Bovo ricevette pubblici riconoscimenti per gli interessamenti avuti nei confronti di due esondazioni: quella del Reno romagnolo che richiese molte camionate di sassi (1947), quella del Po per la grande massa di sfollati giunti a Monselice (1951).

BIBLIOGRAFIA CONSULTATA E FONTI ARCHIVISTICHE

Archivio storico del comune di Monselice: anni 1940-1955

BASSO, Contributo dei monselicensi alla lotta partigiana e per la caduta del fascismo, Monselice 1975;

Un decennio di amministrazione. Democrazia cristiana a Monselice 1946 – 1956. Monselice 1956

FIORAVANZO, La classe politica dalla liberazione agli anni sessanta, in Monselice nei secoli, a cura di A. RIGON, Treviso 2009;

MERLIN, Storia di Monselice, Padova 1988;

MERLIN, Storia di una formazione partigiana ‘inesistente’, il battaglione Aquila di Monselice, “Terra d’Este” n. 21(2001);

Da Monselice a Mauthausen, a cura di F. ROSSETTO, Monselice 2005;

Monselice nella seconda guerra mondiale, a cura di F. ROSSETTO, Monselice 2009;

VALANDRO, I secoli di Monselice. Storia e storie per quattro millenni, Monselice 2007;

NOTE

[1] Sulla figura di don Pesavento rimandiamo al volume Monselice nella seconda guerra mondiale p. 142.

[2] Il volume è stato pubblicato dall’amministrazione comunale nel maggio 1956 ed è intitolato: Un decennio di amministrazione. Democrazia cristiana a Monselice 1946 – 1956.  Il testo è disponibile in formato PDF nel sito della biblioteca di Monselice.

[3] Nel volume Basso, Contributo dei monselicensi alla lotta partigiana vengono descritte le tragiche giornate della liberazione con l’elenco completo dei morti e feriti.

[4] Rimandiamo agli studi di Tiziano Merlin pubblicati sulla rivista “Terra d’Este” per una visione complessiva sulla storia dei gruppi partigiani attivi nel monselicense.

[5] Malgrado  gli sforzi non siamo riusciti a stabilire  un legame politico o una visione politica comune tra Masiero e Vittorio Cini, il potente ministro di Mussolini che nell’agosto 1943 appoggiò la congiura contro il Duce. Il Cini fu per questo arrestato e deportato in Germania, come il suo autista Alfredo Bernardini presunto autore di un attentato a un ponte ferroviario di Monselice compiuto per contrastare le forze repubblichine. Bernardini morirà a Mauthausen nell’aprile 1945. Uno strano destino unisce queste tre persone che meritano futuri approfondimenti.

[6] La documentazione utilizzata è conservata presso il nuovo centro di documentazione di Monselice.

.

link utili e approfondimenti

https://www.ossicella.it/monselice/sindaci-a-monselice/

L’ottimo intervento della dott. Fioravanzo

www.ossicella.it/archiviowp/fioravanzo119-133.pdf