(tutto 10 novembre)

Capitolo III – Anno 1916. MONSELICE DIVENTA UNA GRANDE CASERMA, SOLDATI OVUNQUE [ Clicca qui…]
3.1 Sussidi alle famiglie dei richiamati sotto le armi – un po’ di conti
3.2 Nuovi soldati con controlli sempre più stringenti
3.3 Sottoscrizione al terzo prestito nazionale per le spese di guerra
3.4 Il sindaco si lamenta del fitto percepito per l’occupazione di alcuni locali
3.5 Sussidio a favore del comitato di preparazione civile.
3.6 La Quinta battaglia dell’Isonzo (1° marzo – 15 marzo 1916)
3.7 Una storia degna di Lawrence d’Arabia per Giuseppe Zampieri
3.8 Chiamata alle armi del Sindaco
3.9 Consegna dei bovini all’esercito.
3.10 Il Consiglio comunale commemora i soldati monselicensi morti in guerra
3.11 Arrivano i lancieri e …. si portano via le posate
3.12 La Strafexpedition: la grande offensiva austriaca (14 maggio – metà luglio 1916)
3.13 Commento del Carturan sulla guerra
3.14 Padova città strategica
3.15 I medici esonerati dal servizio militare
3.16 Richiesta di sussidio per i soldati al fronte
3.17 Monselicensi residenti all’estero
3.18 Furto al Monte di Pietà
3.19 La famiglia Zorzato chiede informazioni al Sindaco
3.20 Arrivano altri feriti, ma attenzione alla polvere
3.21 Un po’ di normalità, una messa per San Sabino
3.22 Ermenegildo Barguglio – Disperso per errore
3.23 Provvedimenti per la Festa dello Statuto Albertino
3.24 Affonda il piroscafo Principe Umberto
3.25 Sostituzione del ministro Lasalandra
3.26 Esercitazione militare sui Colli
3.27 50° della liberazione di Monselice dal dominio austriaco
3.28 Due suppliche per ottenere il sussidio
3.29 Scrive Filomena Pugina vedova Montecchio al sindaco.
3.30 La Sesta battaglia dell’Isonzo (battaglia di Gorizia 4 – 17 agosto 1916)
3.31 Licenze ai militari agricoltori
3.32 10 agosto 1916 conquista di Gorizia
3.33 Applicazione calmiere sulle carni
3.34 Sussidio ai militari impiegati come operai.
3.35 Un monselicense internato a Sigmundsberg
3.36 Rilascio di certificati a favore di militari morti in guerra
3.37 Un encomio per Scandola
3.38 Le battaglie d’autunno 1916 del Cadorna
3.39 La Settima battaglia dell’Isonzo (14 -18 settembre 1916).
3.40 Censimento delle derrate alimentari
3.41 Notizie dalla guerra
3.42 Ottava battaglia dell’Isonzo (10 – 13 ottobre 1916)
3.43 Oggetti personali dei soldati morti al fronte
3.44 Ufficio notizie alle famiglie
3.45 Raccolta di ferro per il Comitato di Assistenza civile
3.46 Nona Battaglia dell’Isonzo (1- 4 novembre 1916)
3.47 Bombardamento su Padova dell’11 novembre 1916
3.49 Ufficio funebre per i caduti
3.50 Soldati alloggiati anche presso le famiglie
3.51 Ripartizione delle spese per alloggio dei militari
5.52 Una bambola della Regina per Ester
3.53 Dimissioni del Comitato di Preparazione Civile e provvedimenti
3.54 Nuovi controlli tra i riformati
3.55 Renitenti alla leva
Nei primi mesi del 1916 non si ebbero grossi combattimenti sull’Isonzo, bensì la continuazione dell’attacco metodico per migliorare le rispettive basi di partenza per le prossime offensive. L’esercito italiano preparava la presa di Gorizia, ma gli austriaci furono più veloci. Temporin Giovanni e Barin Giovanni si arruolano volontari per la guerra il 4 gennaio 1916
3.1 Sussidi alle famiglie dei richiamati sotto le armi – un po’ di conti
Nel mese di gennaio 1916 i monselicensi sotto le armi erano circa 800, mentre il numero delle famiglie bisognose sussidiate dallo stato erano 566. Il numero delle famiglie che ottenevano sia il sussidio militare che quello del comitato assistenza civile erano circa 80. Le famiglie che non avevano i requisiti erano 13. Le offerte mensili raccolte dal comitato d’assistenza ammontano a 963 lire quelle raccolte una tantum 833 lire. Anche la Deputazione provinciale di Padova elargì un contributo di 600 lire. Alle famiglie bisognose dei soldati in guerra veniva corrisposto dallo stato il lunedì di ogni settimana nella sede municipale i seguenti importi: per la moglie 0,70 lire; per ogni figlio di età inferiore ai 12 anni 0,35 lire; per ogni genitore di età superiore ai 60 anni 0,70 lire; per entrambi i genitori di età superiore ai 60 anno 1,10 lire.
Non c’era regole precise invece per i sussidi erogati dal locale comitato di assistenza civile. In ogni caso nel mese di gennaio 1916 107 erano le famiglie povere dei soldati al fronte assistite dal comitato locale che utilizzava le entrate derivate dalla beneficenza pubblica integrata con i contributi comunali e provinciali. Tra questi riportiamo i primi nomi presenti negli elenchi comunali: Natalina Andolfo, Isidoro Albertin, Cesira Furlan Bernardini, Teresa Tognon Bortolato, Ferruccio Bussolin, Onorato Bevilacqua …) . Per dare elementi di paragone sull’entità dei sussidi riportiamo alcuni prezzi in vigore il 3 luglio 1916 a Monselice. Pane confezionato con farina 54 centesimi al kg; pane bruno (moro) 46 centesimi al kg; farina di grano tenero abburatta 50 centesimi al kg; farina di granoturco integrale 31 centesimi al kg. I sussidi permettevano alle famiglie dei richiamati solo di sopravvivere.
3.2 Nuovi soldati con controlli sempre più stringenti
L’esercito aveva bisogno di nuovi soldati. Uno dei sistemi più utilizzati dal ministero era quello di rivedere i ‘riformati,’ cioè coloro che erano stati scartati durante la prima visita di leva con l’obiettivo di trovare sempre nuovi soldati da mandare in trincea. I militari seguivano precise disposizioni che diventarono, nel corso della guerra, sempre più stringenti. Le commissioni oltre alle imperfezioni fisiche (la più famosa era la scarsità toracica) potevano riformare i giovani, ad esempio, se dimostravano di avere già un fratello sotto le armi, o un congiunto morto in guerra o se dimostravano di essere l’unico sostegno della famiglia). Nel corso della guerra le facilitazioni diminuirono e praticamente tutti gli uomini validi saranno inviati al fronte. Potevano sperare di farla franca solamente chi aveva un importante incarico pubblico o lavorava per una industria che produceva armi o beni per la guerra.
Vedremo tra un po’ che neppure l’onorevole Arrigoni degli Oddo riuscirà a far evitare la guerra a qualche giovane monselicense senza un valido motivo. Il 15 gennaio ’16 vennero chiamati a nuova visita i giovani ‘riformati’ nati negli anni 1886-‘91. Partirono con il cuore in gola dalla stazione di Monselice alla volta di Padova circa 150 monselicensi. Tra questi: Giovanni Bertin, Bisi Zaccarin, Felice Cazzoli, Arrigo Gioggi e Luigi Nin.
3.3 Sottoscrizione al terzo prestito nazionale per le spese di guerra
Le Amministrazioni comunali dovevano concorrere alla sottoscrizione del 3^ prestito nazionale per finanziare le spese di guerra. Agli aderenti veniva garantito l’interesse fisso del 5 %. Il comune per ottemperare alla richiesta prelevò 3.315 lire da un vecchio libretto bancario del 1901 e i rimanenti dai fondi della Commissaria Carboni. Con le somme prelevate sottoscrisse due obbligazioni del valore di 6.700 lire. Ma non bastava, il comune per far fronte alle spese della guerra contrasse ‘mutuo’ aprendo un conto corrente di 14.000 lire per provvedere alle spese di assistenza civile.
3.4 Il sindaco si lamentò del fitto percepito per l’occupazione di alcuni locali
Il sindaco inviò una nota al genio di Padova lamentandosi – ancora una volta – dell’esigua indennità ricevuta per i locali messi a disposizione dei militari. Gli edifici utilizzati erano le scuole Garibaldi e cortile annesso, la casa del bidello – anch’essa vicina alla scuola – e la chiesa di Santo Stefano. Per quest’ultima, precisò il sindaco, ricevo una indennità annua di 80 lire, “il comune ricaverebbe un reddito maggiore alloggiandovi per un sol giorno uno squadrone di cavalleria in transito, ora invece per alloggiare le truppe di passaggio sono costretto ad andar per stalli con grave dispendio pel comune. Nello scorso anno ho dovuto spendere per le truppe in transito varie migliaia di lire. Comprendo benissimo che per alloggiare i due o tre cavalli e relative carrozze di questo ospedale militare il governo non vorrebbe spendere molto, ma potrebbe almeno requisire locali più ristretti..”
3.5 Sussidio a favore del comitato di preparazione civile.
Il sindaco rivolse un appello ai maggiori proprietari di terreni di Monselice (vd. Nota allegata) affinché contribuissero maggiormente a favore del comitato di preparazione civile. Da una nota inviata al prefetto di Padova apprendiamo che le somme riscosse dal locale comitato di assistenza civile a tutto il mese di aprile 1916 ammontano a 12.775 lire. Le somme elargite dal comitato nel medesimo periodo per sussidi alle famiglie dei richiamati, assistenza ai profughi, per il posto di ristoro alla stazione ammontarono a 10.981 lire. Pochi giorni dopo i ferrovieri versarono 27.60 lire, mentre il patronato scolastico versò 25 lire.
In quei giorni vennero dispensati dal servizio militare alcuni parroci di Monselice: Olivan Silvio Antonio, Vignato Pietro, Rizzato Attilio e Giovanni Fontana parroco di Santa Giustina.
3.6 La Quinta battaglia dell’Isonzo (1° marzo – 15 marzo)
Il generale Luigi Cadorna decise di attaccare nei primi giorni di marzo. La 5° battaglia dell’Isonzo fu combattuta tra il 9 e il 15 marzo 1916. Gli italiani misero in campo 18 divisioni e 2 gruppi alpini mentre gli austriaci contrapposero 100 battaglioni circa. La battaglia si svolse sul Carso e sulla testa di ponte di Tolmino. Gli scontri nel settore della 2ª armata, dal Rombon al Sabotino, furono ostacolati dalle avverse condizioni atmosferiche, nonostante ciò, riuscirono a guadagnare un po’ di terreno nel settore del San Martino sul Carso e presso Seltz. Le perdite italiane furono di 13.000 uomini, quasi una normalità per una guerra di logoramento. Ma il vero obiettivo del Cadorna era una grande azione su Gorizia in programma per l’estate mentre gli austriaci stavano preparando la Strafexpedition (punizione punitiva) che farà posticipare i piani del Cadorna.
I monselicensi che trovarono la morte furono: per ferite Attilio Salmistraro, abitante in via Stortola; in val Lagarina (TN) Carlo Canato, domiciliato a Marendole; a Col di Lana, per la caduta di una valanga Vittorio Gabbazin, residente in via Moralediemo e Angelo Gialain, di via Borgo Costa.
3.7 Una storia degna di Lawrence d’Arabia per Giuseppe Zampieri
Il comandante del 82° reggimento fanteria informò il sindaco che Giuseppe Zampieri era prigioniero dei ribelli a Tarhuna (Libia) dal 19 giugno 1915. Tarhuna era una città della Tripolitania occupata il 18 dicembre 1912 dagli italiani, ma durante la guerra mondiale la situazione costrinse il governo a ritirare dalle colonie gran parte delle truppe, quelle che rimasero furono attaccate dalle popolazioni locali. Nel 1915 su Tarhuna si addensavano gravi minacce tanto che governo decise di inviare una colonna di rinforzo che giunse nella città nel maggio del 1915. Ma la situazione nella regione peggiorava e il presidio era oramai abbandonato a sé stesso. Una seconda colonna di soccorso fu aggredita dai locali e dovette ripiegare sulla città di Azizia. Né ebbe miglior sorte l’invio di una terza colonna. Frattanto il presidio di Tarhuna, che intuiva l’approssimarsi di una situazione insostenibile, decise una sortita in forze in direzione di Ain-Zara allo scopo di unirsi a quel presidio. Un reparto italiano fu incaricato di attirare sopra di sé i ribelli per facilitare così la marcia degli assediati verso la salvezza. Ma l’astuta strategia non ebbe successo e la colonna italiana uscente da Tarhuna fu attaccata e distrutta. Il nostro Giuseppe Zampieri faceva parte della guarnigione che difendeva la città di Tarhuna e fu fatto prigioniero il 19 giugno 1915.
3.8 Chiamata alle armi del Sindaco
Anche il sindaco Taino Bonacossi venne chiamato alle armi. Ma la giunta ricordando che già erano al fronte gli assessori Pietro Buzzaccarini e Luigi Fagiuoli, si senti in dovere di ‘chiedere al sindaco di restare alla guida della città’ – nella convinzione – ‘che egli assolverebbe ad un più alto dovere, rimanendo al suo posto che è pure di lavoro, di sacrificio e di lotta per una più grande patria …. scongiurando così una crisi di assai difficile soluzione e che nell’attuale periodo di eccezionale gravità avrebbe dannosissime conseguenze’.
Il 28 marzo 1916 il sindaco invitò l’abate mitrato a limitare il più possibile durante il periodo della guerra i funerali nella chiesa di S. Paolo, poiché il soffermarsi del carro e dei cortei funebri lungo via Umberto I era sovente di ostacolo al rapido transito dei numerosi veicoli a trazione meccanica e di grave pericolo per l’incolumità pubblica.
3.9 Consegna dei bovini all’esercito.
La mattina del 2 aprile 1916 piazza Ossicella era animata da una mandria di bovini e dai rispettivi allevatori che dovevano consegnare all’esercito. 39 erano gli animali scelti da una apposita commissione. 32 erano i proprietari degli animali ecco i loro nomi, tra i quali riconosciamo persone già citate in questo studio: Michele di Gioacchino, 1 bovino; Andreoli eredi fu Michele, 1 vitello; Temporin Isidoro, 1 vitello; Capuzzo Guglielmo, 1 vitello; Mingardo Don Basilio e Luigi, 4 vitelli; Cremon Marco, 1 vitello; Corinaldi Edoardo, 2 bovini; Massain Catterino 1bovino; Nazzari, 2 bovini; Trivellato Antonio, 2vitelli; Pippa Elena, 1 vitello; Caramore Angelo , 1 bovino; Struraro Angelo, 1 vitello; Zerbetto Isidoro, 1 vitello; Aldrigo Augusto, 1 bovino; Greggio Angelo, 1 vitello; Priaro Andrea, 1 vitello; Fortin Angelo, 1 vitello; Greggio Luigi, 1 vitello; Bellucco Ferdinando, 1 vitello; Zerbetto Giordano, 1 vitello; Albertin Maria, 1 vitello; Berto Pasquale, 1 vitello; Temporin Giacomo, 1 vitello; Bertazzo Maria, 1 vitello; Gallo Remigio, 2 vitelli; Piacentini Francesco, 2 vitelli; Temporin Clemente, 1 bovino; Montecchio Pietro, 1 vitello; Valandro Angelo, 1 vitello; Carturan Nicola , 1 vitello. Il presidente della commissione raccomandò la massima sorveglianza sulle stalle infette da afta epizootica e vietò l’abbeverata dei bovini lungo il tragitto che portava al punto di raccolta. Un secondo concentramento di bovini requisiti avvenne il 24 ottobre, sempre in piazza Frutti. Questa volta i bovini requisiti furono 78, più del doppio. Non sappiamo dove gli animali furono macellati né il compenso corrisposto agli allevatori.
Il deputato Arrigoni degli Oddi informò il sindaco che in caso di necessità avrebbe messo a disposizione la sua villa di Ca’ Oddo per alloggiare gli ufficiali del ‘nostro valoroso esercito.
Gli italiani attaccarono sull’Adamello. Si combatteva a oltre 3000 metri d’altitudine e il 18 aprile venne fatta saltare con una mina e conquistata la cima del Col di Lana. Partirono per il fronte gli iscritti alla cavalleria nati nel 1890 e artiglieria anni 1882 e 1883, nonché i minatori del genio.
3.10 Il Consiglio comunale commemorò i soldati monselicensi morti in guerra
Nel consiglio del 19 aprile il Sindaco pronunciò il seguente discorso “Alla fulgida schiera dei nostri Prodi, che valorosamente combattendo fecero sacrificio della loro giovane vita per il compimento della indipendenza e per la difesa della libertà si sono aggiunti i nomi di Grisaldetti Antonio, Valmari Giuseppe, Soldà Bruno, Lebini Domenico, Scarparo Silvio, Lazzarini Emilio, Canato Carlo, Zerbetto Fruttuoso, Salmistraro Attilio, Gialain Angelo. Ad essi rivolgiamo il nostro mesto ed affettuoso saluto, il nostro pensiero memore e riconoscente, alle Famiglie duramente colpite da grave lutto le nostre condoglianze più fervide”.
3.11 Arrivano i lancieri e …. si portano via le posate
Il 20 aprile arrivarono a Monselice il reggimento lancieri di Mantova per eseguire alcune esercitazioni tattiche sui colli. Il sindaco accolse nel migliore dei modi i valorosi militari, deliberando pure di offrire agli ufficiali un ‘vermut d’onore’. La Giunta tenne a sottolineare che ‘la patriottica Monselice che ha sempre tenuto alto il sentimento dell’ospitalità si preparava a festeggiare i valorosi militi’. I 17 militari e i 17 cavalli furono sistemati, dal 20 aprile al 5 maggio, presso lo stallo pubblico di Maria Gialain, la quale si aspettava di percepire – come sempre – 25 centesimi per ogni cavallo e 6 per ogni cavaliere al giorno. Terminate le esercitazioni, partiti cavalli e cavalieri la signora si recò fiduciosa dal ragioniere comunale, il quale però la voleva liquidare nella misura di 6 centesimi per cavallo e 6 per cavaliere. La signora un po’ arrabbiata scrisse su carta da bollo la sua protesta precisando che:
“Trattandosi dei momenti in cui siamo mi sacrificherò un poco e cioè invece della somma degli altri anni mi contenterò di quello che hanno preso i proprietari dei due stalli che mi sono vicini, cioè 0,15 lire per ogni uomo e cavallo – e non di meno – avendo io messo anche un carro di paglia. Sappia ora codesta giunta che io devo vivere con guadagno dello stallo e nei giorni che esso era occupato di militari non ebbi dai privati nessun interesse.
Non sappiamo come andò a finire, ma alla combattiva ‘stalliera’ Maria va tutta la nostra simpatia.
Ma i problemi non erano terminati. I lancieri utilizzarono come mensa i locali del politeama ‘Cavallotti’, ma non si comportarono nel migliore dei modi. Al momento della partenza il presidente della società Giovanni Quintavalle inviò al sindaco un lungo elenco di oggetti mancanti e i danni arrecati dai militari allo storico locale. I lancieri avevano sottratto di tutto: sedie, tavoli, bicchieri di ogni tipo, posate, lampadine e numerose bottiglie di vino. I militari avevano anche danneggiato le finestre, la loggia dei suonatori e il palco. Complessivamente il presidente del politeama quantificò in 516 lire i danni registrati. Per risolvere il problema intervenne l’ingegnere comunale il quale pattuì un risarcimento di 80 lire che fu accettato dalle parti.
In quei giorni partirono gli alpini nati nel 1876 e i militari di 3^ categoria nati nel 1880, qualche giorno dopo partiranno i già riformati anni 1886-1891 nonché i militari di 3^ categoria 1879
3.12 La Strafexpedition: la grande offensiva austriaca (14 maggio – metà luglio)
Alla fine del 1915 la situazione dell’impero austro-ungarico era migliorata: le terribili perdite dell’inverno 1914-1915 erano state ripianate, l’esercito serbo era stato eliminato, la capacità offensiva dell’esercito zarista si stava esaurendo. Era il momento giusto per passare all’offensiva. Attaccare l’Italia dal Trentino poteva dire in caso di sfondamento prendere alle spalle il grosso dell’esercito italiano impegnato sull’Isonzo obbligandolo a una ritirata disastrosa che avrebbe potuto aprire agli austriaci la pianura veneta.
Gli austriaci concentrano nel Trentino 14 divisioni e attaccarono tra il 14 e il 15 maggio dando il via alla Strafexpedition. Le artiglierie aprirono il fuoco contro l’armata italiana tra Adige e Brenta costringendola ad arretrare di alcuni chilometri in val Lagarina e in Valsugana. L’offensiva austriaca si estese alla zona centrale del Trentino e precisamente nella val D’Astico occupandola il 27 maggio e sull’altopiano di Asiago occupato il 28 maggio. Gli austriaci avanzavano per più di 20 chilometri oltre il confine italiano. Di fronte al cedimento delle prime linee, il dispositivo italiano entrò in crisi e solo a fine maggio riuscirà ad organizzare una resistenza efficace e a frenare l’assalto austriaco.
3.13 Commento del Carturan sulla guerra e fucilazione di alcuni soldati italiani per codardia
Noi convinti che ormai le nostre armi non avrebbero dovuto subire scacco alcuno ma procedere a sempre nuove conquiste, rimanemmo fortemente impressionati dall’imprevisto evento e non pochi furono coloro, nelle nostre avanzate provincie, che almanaccando disastrose previsioni pensarono a tirar giù dalla soffitta i decrepiti e polverosi bauli.
Fra i comandi si diffuse l’opinione che il rapido cedimento iniziale dipendesse dallo scarso valore delle truppe. Cadorna dichiarò che alcuni reparti avevano abbandonato posizioni di capitale importanza senza nemmeno tentare di difenderle. Il 28 maggio 1916 un sottotenente, tre sergenti ed otto uomini di truppa furono estratti a sorte e fucilati senza processo. Fu il primo caso di decimazione avvenuto nell’esercito italiano. Altre alle varie decimazioni, nel nostro esercito le misure repressive culminarono in episodi di uccisione di soldati bombardati con le artiglierie e mitragliati mentre si trovavano nella terra di nessuno, per ordine dei loro stessi comandi. Il 10 giugno 1916 iniziò la controffensiva italiana sull’altopiano di Asiago: durerà sino a metà luglio e porterà alla riconquista del terreno perduto, a eccezione di una zona di circa 12 Km sull’altopiano e in Val D’Astico.
Decisamente negativo il bilancio della controffensiva italiana che costò agli italiani oltre 70.000 uomini; elevate anche le perdite austriache, 53.000 uomini. Tra i monselicensi trovarono la morte in Val Posina (Valdastico) Valentino Zerbetto, della Stortola e sull’altopiano di Asiago Angelo Bottaro; sul monte Novegno Giovanni Bernardi, abitante in via Belzoni e Antonio Berto; nella val Terragnolo (vicino Rovereto) Battista Sostrato, residente in via Isola verso Monte; sul monte Maio (VI) Eliseo Girotto della Stortola, Giuseppe Castiglioni e Luigi Brunello di San Bortolo; sul monte Zebio (Asiago) Arturo Boetto, domiciliato in via Arzerdimezzo; a Sarcedo (VI) Giosuè Danielon di Marendole.
3.14 Padova città strategica e l’arrivo dei profughi dalla Val d’Dastico
Per parare le minacce della Strafexpedition, il nostro Comando Supremo provvedeva dal 25 maggio al 4 giugno a radunare nel triangolo compreso fra Padova, Vicenza e Bassano, 10 divisioni di fanteria e 2 di cavalleria ed a costruire con esse la 5ª armata al comando del generale Frugoni, con sede in Padova. Se gli invasori fossero riusciti a scendere in pianura, il compito di tale armata avrebbe dovuto essere quello di contenerlo e bloccarlo. E’ evidente che in tale ipotesi, Padova si sarebbe trovata in pieno campo di battaglia.
In quei mesi affluivano a Padova fino a 6.500 profughi provenienti dalla Val d’Astico, dall’Altopiano di Asiago e dalla Valsugana. E contemporaneamente Padova divenne oggetto di bombardamenti ed incursioni aeree nemiche. Le prime bombe caddero il 9 aprile; altre incursioni, con bombardamenti, avvennero il 14, il 20, il 21, il 25 ed il 26 giugno recando danni alle abitazioni e dolorose perdite di vite.
3.15 I medici esonerati dal servizio militare
I sanitari che prestano servizio a Monselice erano 5: Raffaele prof. Cecca (chirurgo dell’ospitale); Giuseppe dott. Brigo (direttore dell’ ospedale); Stefano dott. Zeni (medico chirurgo alla 1° condotta esterna); Enrico dott. Chiavellati ( medico chirurgo alla 2° condotta esterna); Giovanni dott. Croppi (assistente medico chirurgo al civile ospitale). Il sindaco Bonacossi fece richiesta scritta alla prefettura di esonerarli dalla chiamata alle armi.
3.16 Richiesta di sussidio per i soldati al fronte
Ecco una delle tante richieste non evase:
‘Dopo tante domande fatte da me e da mia moglie alla spett.le commissione e non potendo ottenere niente riguardo al sussidio richiamato a tutti i richiamati. Ora mi rivolgo a lei onde renderle noto delle condizioni di mia famiglia. Io mi trovo sotto le armi ancora dal 24, maggio dell’anno scorso e lasciando cinque figli, sotto l’unico sostegno di due poveri vecchi, domando a lei in che condizioni troverò la famiglia, se avrò la fortuna di tornare a casa in termine di questo teatro. E con questo mi rivolgo a lei onde potere accomodare quanto segue, che chiedo di avere pieno diritto anch’io e chiedo che anche il Comune di Monselice sia italiano. Termino salutandolo e mi firmo suo dipendente. Prego d’una risposta alla famiglia’. Sig.ra Zerbetto Presilio, Monselice via Stortola.
3.17 Monselicensi residenti all’estero
I monselicensi iscritti all’anagrafe e residenti all’estero dovevano regolarizzare la propria posizione presso il consolato o presentarsi personalmente preso gli uffici di leva. Ma non tutti regolarizzarono la propria posizione. Furono ricercati Gallo Giacinto, Bertin Giovanni, Cazzoli Felice, Chioggi Arrigo, Charinato Giuseppe, emigrati in America; Andolfo Eustachio, Garbo Edoardo e Montin Giovanni emigrati in Germania; Bisi Zaccaria emigrato in Austria e Albertin Alberto in Svizzera. Gli unici che riuscirono ad evitare il fronte furono i ‘condannati’ che stavano scontando la pena come, ad esempio, Fortunato Canarie detenuto presso lo stabilimento penale di Alessandria.
3.18 Furto al Monte di Pietà
Nella notte tra il 4 e il 5 maggio 1916 si registrò un furto di 328 ‘preziosi’ impegnati presso il locale Monte di Pietà. I ladri penetrarono nei locali forzando due sportelli nell’ufficio cassa e guardaroba. Dei cinque armadi esistenti in quell’ufficio i ladri si accontentarono di visitarne uno solo. Lo aprirono e tolsero 290 scatole contenenti collane, orecchini, anelli, braccialetti e punta petti. Dopo di ciò se ne andarono facendo la stessa strada che avevano fatto per entrare. Sugli oggetti impegnati erano state date a prestito 5184 lire ma si ritiene che avessero un valore di oltre 7000. Il giornalista concluse il lungo articolo segnalando a chi spetterà l’obbligo di rimborsare i danneggiati dato che il monte non aveva una polizza assicurativa né esisteva all’interno del monte di pietà un servizio di vigilanza notturna. Il comune stabilì per il futuro di coprire con una polizza assicurativa i preziosi in possesso del monte di pietà.
Nella stessa notte si registrò un furto anche presso la stazione ferroviaria. Nello scalo si trovava un carro merci in transito diretto a Piacenza contenente delle botti di vino. I ladri riuscendo a penetrare all’interno della stazione aprirono una botte e asportarono tre ettolitri di vino. I carabinieri subito intervenuti indagarono sulla contadina Marcella Rocca di anni 16. I danni ammontarono a 210 lire.
3.19 La famiglia Zorzato chiede informazioni al Sindaco
La famiglia del militare Ernesto Zorzato, classe 1891, non ricevendo da molto tempo notizie del figlio e la madre in particolare vive col convincimento di aver perduto il figlio chiede informazioni, non conoscendo la causa di tale silenzio. Il comandante del deposito del 31. Fanteria dichiara che il soldato, dopo aver preso parte al combattimento di Castelnuovo, scomparve e pertanto deve presumersi morto il 22 ottobre 1915.
3.20 Arrivano altri feriti, per l’ospedale militare
Con molta probabilità con l’avvio della Strafexpedition si spostarono a Monselice i soldati ricoverati in altri ospedali della regione per far posto ai nuovi feriti che sui monti del trentino tentavano di fermare gli austriaci. Con un telegramma il prefetto avvisò che il 14 maggio alle ore 22.47 ‘scaricherà’ a Monselice 249 infermi. Poche righe precisavano che nel vagone c’erano 108 ammalati e 141 fanti di cui 120 trasportabili solo con barella. Non provenivano dal fronte, ma – precisa il telegramma – ‘sconteranno a Monselice un periodo di osservazione’. Una nota del 15 aprile 1916 della direzione Ospedale Militare di riserva di Monselice invitava il sindaco a tenere in buono stato le vie che le auto con gli ammalati percorrevano. Il percorso iniziava dalla stazione ferroviaria proseguiva per riviera Belzoni, via Cavallotti, via delle Grole per arrivare in via Garibaldi dove si trovava all’ospedale militare situato nella sede dell’attuale scuola elementare. Infine, i medici raccomandano agli spazzini di innaffiare lo spazio antistante l’ospedale per evitare di sollevare la polvere dalla strada durante la spazzatura. ‘La polvere – precisava il maggiore medico- è quanto di più antigenico si possa immaginare per tutti e per i ricoverati in particolare’.
3.21 Un po’ di normalità una messa per San Sabino
Nonostante il terribile momento il 28 maggio monsignor Don Pietro Prevedello celebrò la tradizionale messa votiva in onore di S. Sabino, patrono della città. Come da consuetudine secolare il sindaco di Monselice inviò una lettera alla nobile famiglia dei conti Miari di Sant’Elena affinché inviasse le chiavi ‘dell’alveolo che racchiudeva le reliquie del santo’. Invitò a partecipare alla solenne messa la marchesa Vittoria Buzzaccarini, la contessa Giovanna Vigano Legrenzi, la signora Gemma Bacchini, Don Giovanni Fontana e altri nomi influenti della città.
3.22 Ermenegildo Barguglio – Dispero per errore
Con una nota del 27 maggio 1916 il comandante del 32 ° reg. fanteria informò il sindaco che il soldato Ermenegildo Barguglio era stato dato per disperso il 23 ottobre 1915 in località Castelnuovo. Il sindaco seguendo la prassi inviò una lettera alla moglie Rocca Maria abitante nella frazione San Bortolo nel testo seguente:
D’incarico del comandante del 32 regg. Fanteria comunico la dolorosa notizia che vostro marito risultò disperso dopo il combattimento del 23 ottobre 1915 avvenuto in località Calstelnuovo.
Una seconda lettera inviata al Vicepresidente del Comitato di preparazione civile diceva:
Con preghiera si volere curare la partecipazione con i dovuti riguardi alla famiglia col mezzo di uno degli egregi componenti codesto comitato o del sacerdote della parrocchia, trasmetto la lettera con cui viene data comunicazione ufficiale della dispersione del soldato.
Possiamo solo immaginare la disperazione della moglie nell’apprendere la triste notizia. Ma superato il primo momento di sconforto la sig.ra Maria esaminò le date dei documenti e con sorpresa fece presente che l’8 maggio1916 aveva ricevuto una lettera dal marito nella quale scriveva di godere di buona salute. Il sindaco un po’ impacciato inviò la lettera, che Ermenegildo aveva inviato alla moglie, ai comandanti del reggimento per chiede spiegazioni. Alla fine, il 10 luglio 1916 il tenente colonnello ammetteva che effettivamente il soldato Ermenegildo Barguglio era presente e ‘in buona salute’ al proprio reparto.
3.23 Provvedimenti per la Festa dello Statuto Albertino
Per la festa il Sindaco decise di sospendere l’assegnazione delle grazie dotali e di devolvere le relative L. 200 che si spendevano per la festa dello Statuto a favore dei fanciulli poveri scrofolosi da inviarsi ai bagni marini. Delibera anche di festeggiare la storica ricorrenza con la consueta illuminazione dei locali del Municipio e col suono della banda al mattino per le vie e alla sera in piazza Vittorio Emanuele.
3.24 Affondamento del piroscafo Principe Umberto
L’8 giugno 1916 fu organizzato il rientro in Italia dall’Albania, via mare, del 55º Reggimento fanteria con il piroscafo Principe Umberto sul quale avevano preso posto, fra truppe ed equipaggio, 2821 uomini. Il convoglio salpò alle 19 e dopo poco la sua rotta s’intrecciò con quella di un sommergibile austro-ungarico che da circa un chilometro di distanza lanciò due siluri. Il Principe Umberto, colpito a poppa, s’inabissò nel giro di qualche minuto, trascinando con sé 1926 uomini. Solo 895 poterono essere tratti in salvo. Tra l’equipaggio morirono i monselicensi Gino Giraldini, Alessandro Temporin ed Ermenegildo Tognin.
3.25 Sostituzione del ministro Lasalandra
A pagare la Strafexpedition fu il governo Salandra costretto alle dimissioni, fu sostituito da un governo di unità nazionale presieduto dall’anziano Paolo Boselli.
3.26 29 giugno 1916 – Esercitazione militare sui Colli
Il comandante del 21° gruppo batterie informò il sindaco che il 2 e 3 luglio eseguirà tiri con proiettili d’artiglieria dal monte Ventolone alle trincee fatte in località Salitola. Tiri brevi saranno indicati con la bandiera rossa sul monte Ventolone; per i giorni 30 e 31 eseguiranno tiri dal monte Ventolone verso monte Venda. Poco dopo Cesare Battisti e Fabio Filzi furono impiccati dagli austriaci nel castello del Buon Consiglio a Trento.
Il comitato lombardo per i mutilati in guerra finanziò il viaggio di un parente del soldato mutilato Emilio Pulze in cura presso l’ospedale militare ortopedico di Milano. Il comitato inviò un assegno di 16 lire per l’acquisto del relativo biglietto ferroviario
3.27 – 12 luglio 1916 il Consiglio Comunale commemorò il 50° della liberazione di Monselice dal dominio austriaco
Il Signor Presidente con voce vibrata dice:
“Nel 50° Anniversario della Liberazione della Città nostra dal detestato straniero e dell’ingresso festante in Monselice delle fraterne truppe liberatrici, abbiamo desiderato riunire per commemorare con modestia di forma, ma con grandezza di significazione e di sentimento, anche in quest’aula destinata ai lavori degli eletti delle libere istituzioni, lo storico avvenimento. In tale lieta ricorrenza vada il nostro omaggio riverente e grato alle migliaia di Martiri, che col pensiero e con l’azione parteciparono alle titaniche lotte del nazionale riscatto e serenamente fecero olocausto della loro vita per darci una Patria indipendente e grande. Onore e gloria a Loro ora e sempre.
Ed onore e gloria, o Signori, pure ai prodi nostri soldati, che sotto la guida geniale del valoroso loro Duce, il Generale Cadorna, da oltre un anno lottano senza tregua contro il secolare nemico, con ardimentosa costanza, con indomita fierezza, sprezzanti dei più duri disagi, dei più gravi pericoli e che serenamente muoiono col nome d’Italia sulle labbra e nel cuore, sacrando col loro sangue generoso l’opera di redenzione dei fratelli ancora brutalizzati dall’oppressore.
Ed il nostro omaggio devoto s’innalzi pure al magnanimo nostro Re, primo soldato fra i soldati d’Italia, che impersona la maestà della Patria, e sempre primo al cimento, primo all’esempio, vive della stessa vita dell’esercito che combatte e reca su ogni campo dell’aspra lotta la luce della sua fede nella fortuna, nella grandezza d’Italia. Viva l’Italia! Viva il Re! Viva l’Esercito!” (Applausi ripetuti dell’intero Consiglio)
Aperta la discussione il consigliere On. Arrigoni degli Oddi, a nome della maggioranza, si associò alle nobili e patriottiche espressioni del Sig. Presidente e propose l’invio di un telegramma augurale al re e al generale Cadorna. Il Consigliere Avv. Antonio Zorzati dichiarò che la minoranza, ispirata dagli stessi patriottici sentimenti, si associa e plaude con tutta l’anima alle espressioni del Sig. Presidente, in quest’ora in cui il nostro eroico esercito con valore inapprezzabile e con sacrifici inauditi sta compiendo l’opera di redenzione degli oppressi fratelli. Egli inoltre propose che ai due telegrammi augurali se ne aggiunga un terzo, da inviare al presidente del consiglio dei ministri on. Boselli. I telegrammi furono prontamente spediti, rapide anche le risposte. L’on. Boselli rispose per primo: ‘ringrazio vivamente lei e codesta rappresentanza del cortese pensiero ed invio saluti cordiali’. Il generale Cadorna rispose ‘ringrazio vossignoria e codesta civica rappresentanza per patriottiche espressioni: la fede nella vittoria che dovrà conchiudere la liberazione della Patria iniziata cinquant’anni or sono’. Per ultimo rispose anche il generale Ugo Brusatti a nome del Re; ecco il testo ‘l’omaggio reso alla sua maestà il Re da codesto consiglio comunale nel cinquantennio liberazione Monselice dal dominio austriaco riuscirà assai gradito alla maestà illustrissima che vivamente ringrazia’.
Al fine di evitare malintesi il maggiore medico direttore degli ospedali militari di riserva di Monselice precisò che il numero dei militari degenti a Monselice in quei giorni era ridotto a 5, dei quali uno solo ferito in guerra. Vista la situazione, il sindaco rimandò la visita ai due nosocomi locali.
3.28 Due suppliche per ottenere il sussidio
Teresa Salmistraro, abitante a Ca’ Oddo 8, maritata a Veronese Ferdinando scrisse al sindaco.
Mi permetta di far presente alla SV Illustrissima le condizioni penose in cui si trova attualmente in seguito allo stato di guerra. Possiede ben cinque figli di cui il maggiore ha solo 11 anni e quindi tutti nella assoluta impossibilità di dedicarsi a proficuo lavoro; Mio marito richiamato alle armi da oltre un anno. Se ha potuto precedentemente provvedere a me stessa ed ai miei figli lo devo unicamente al fatto di coabitare con il suocero Veronese Giovanni Battista che possiede 27 campi e ne ha altri 28 in conduzione per il canone annuo d’affitto di lire 2800. Ma se questa piccola proprietà ha permesso o permette in tempi ordinari al suocero di pensare al mantenimento della numerosa famiglia, ciò non può più avvenire ora per le cambiate circostanze. In tempi ordinari i suoi quattro figli maschi ( di cui tre ammogliati) che coabitano con lui formando una sola famiglia (compreso il marito della sottoscritta) lavorano direttamente il terreno ammontante ai 55 campi sopraccitati; attualmente invece di questi figli, tre si trovano da tempo sotto le armi ed il quarto deve fra giorni partire anch’esso militare. Tutte le braccia quindi valide al lavoro si sono dovute in questo momento quindi allontanare dalla famiglia ed a casa non sono rimasti che gli inabili e cioè il vecchio Veronese Giovanni Battista di oltre 65 anni e di salute cagionevole con la moglie, le tre mogli (compresa la sottoscritta) dei richiamati alle armi con la loro numerosa prole composta di ben 12 ragazzi tutti di età giovanissimi e due figlie del Veronese Giovanni Battista.
Fino a che qualche uomo valido è rimasto a casa si è cercato di rimediare moltiplicando la loro attività ma ora che tutti sono partiti le spese per la lavorazione del terreno sono aumentate così vertiginosamente da venire aboliti i guadagni necessari al sostentamento della famiglia; a ciò aggiungasi una recente grandinata che ha distrutto parte del raccolto; di qui la condizione penosa della sottoscritta e dei suoi figli.
Non mi rimane perciò che rivolgersi alla benevolenza della S.V. Illustrissima onde per il senso di giustizia di cui V.S. è sempre stato animato; si compiaccia concedere alla sottoscritta, a mezzo della apposita Commissione il sussidio Governativo previsto per le famiglie povere dei richiamati alle armi.
3.29 Scrive Filomena Pugina vedova Montecchio al sindaco.
Con la presente vengo a fare calda istanza perché mi venga dato il sussidio che il governo concede alle famiglie dei richiamati. Sono vedova settantenne ho due figli sotto le armi: Luigi della classe 88 già reduce della Libia ed ora carabiniere ad Udine ed Annibale della classe 88 al presente in trincea. Quest’ultimo ha lasciato a casa la moglie con tre piccoli bambini e prende il sussidio che serve appena per pagare un vecchio operaio che lavora i campi. Ma io povera vecchia rimasta così priva dei due unici miei figli non ho più nessuno che mi sostiene a questa tarda età e malata di mal di cuore. Finché ve ne era uno in casa potevo avere tutti i soccorsi necessari che al presente mi vedo mancare. Perciò mi raccomando che, come è stato fatto per le altre famiglie, venga anche a me giustamente concesso il sussidio che mi spetta...
Il 14 luglio viene dispensato dalla chiamata alle armi, classe 1889, Rizzato Attilio parroco a Monselice.
3.30 La Sesta battaglia dell’Isonzo (battaglia di Gorizia) 4 – 17 agosto 1916. (Il gas assassino)
La conquista di Gorizia fu il primo successo della guerra italiana ottenuto puntando sulla sorpresa e sulla preparazione adeguata degli attacchi militari. Contenuta la Strafexpedition il Cadorna concentrò le truppe sul fronte dell’Isonzo. Nel mese di giugno iniziarono i combattimenti nella zona del Carso tra questi il terribile attacco con il gas del 29 giugno 1916 sul San Michele. Al mattino vennero aperte 6000 bombole contenenti una miscela di cloro e fosgene che calò silenziosamente sulle trincee del monte Sam Michele e il vicino San Martino trovando i soldati italiani completamente impreparati e uccidendone a migliaia. Più tardi però i battaglioni italiani si riorganizzarono e respinsero l’attacco, con la perdita di meno di 2000 uomini a fronte di perdite italiane immediate di quasi 7000 uomini. In quello stesso 29 giugno 1916, il poeta Giuseppe Ungaretti, che si trovava nelle retrovie a Mariano del Friuli per un periodo di riposo, scrisse diverse poesie, tra cui Il porto sepolto e Dannazione.
I monselicensi che perirono furono: sull’Isonzo Egildo Furlan, abitante in via Fragose, Silvio Tosoncin, domiciliato in via Mandiferro; sul monte Sabotino Giovanni Levorato, di via Vetta, Ettore Tognin, di via Albere; ad Oslavia Angelo Melon e Carlo Bellin residente a Borgocosta; a Podgora Isidoro Bozza abitante in via Vetta; sul Carso Annibale Montecchio di San Bortolo e sull’altopiano di Asiago Aurelio Meneghesso di Marendole e Cesare Pegoraro.
3.31 Licenze ai militari agricoltori
Il ministero della guerra concesse, tra agosto e dicembre 1916 numerose licenze ai militari agricoltori, per provvedere ai lavori nelle campagne. 118 erano le domande di licenza inviate dal comune di Monselice al comando del corpo d’armata territoriale (es: Gusella Giordano, Temporin Vincenzo, Brunello Pasquale, Martinengo Agostino, Lunari Giovanni). Non tutte le richieste furono concesse. È il caso di Salmistraro Severino (calzolaio) della classe 1890, la cui famiglia era composta dal padre Matteo e da 3 fratelli (uno alle armi, uno affetto da pazzia e uno morto in guerra), a cui viene negata la concessione di licenza perché “la famiglia coltiva due campi in unione a quella del fratello, quindi, è assolutamente inutile la presenza del militare calzolaio”.
Licenze invernali 1916 furono 62 e per una durata di 15 giorni.
3.32 10 agosto 1916 conquista di Gorizia, festa in città
La città di Monselice la sera del 10 agosto partecipò, nella sede del circolo Unione, ai festeggiamenti per l’entrata ‘delle nostre valorose truppe in Gorizia’. La guerra voleva le sue vittime: in serata giunse in comune l’atto di morte del soldato Andreoli Pietro.
Singolare la vicenda di Antonio Rossetto abitante in frazione Stortola, 97 in forza al 71° reggimento fanteria risultato disperso dopo il combattimento del 28 giugno 1916 a Vallarsa. Il 30 settembre il colonnello comandante di deposito informò il sindaco che dal 29 giugno era stato denunciato al tribunale di guerra per reato di diserzione e invitava il sindaco alla sospensione del sussidio di guerra. Una successiva lettera del 18 ottobre 1916 apprendiamo che il soldato Antonio si trova alle carceri mandamentali di Valdagno in attesa di giudizio. Nella nota si ribadiva ancora una volta che alla famiglia non doveva essere corrisposto il sussidio perché il processo era in corso. La Vallarsa e una piccola valle fluviale scavata dal torrente Leno che si trova nel Trentino sudorientali. Le sue 42 frazioni sono abbracciate dalle Piccole Dolomiti a sud-ovest e dal massiccio del Pasubio a est. Zona di confine tra l’impero Austro-Ungarico e Regno d’Italia, fu teatro di lunghi e tragici combattimenti tra il 1915 e il 1918. Della Grande Guerra rimangono oggi i forti, le trincee e i camminamenti e, a memoria delle vittime, il sacrario militare e il Parco della Pace.
3.33 Applicazione calmiere sulle carni
La giunta fissò a Monselice gli stessi prezzi dei prodotti alimentari applicati negli altri comuni del padovano. Ad esempio, le braciole costavano 3 lire al kg; salami da cuocere 2,80 lire al kg; uova 10 centesimo l’uno ; polli 2,50 lire al kg; il latte 25 centesimi al litro.
3.34 Sussidio ai militari impiegati come operai.. e tante lamentele.
Al sindaco giunsero le proteste delle famiglie di operai a cui era stato sospeso il pagamento dei sussidi, mentre tante altre lo percepiscono: c’era un po’ di confusione. Così pure c’erano famiglie di militari riformati o temporaneamente riformati dal servizio che percepiscono i sussidi e tante altre che si trovano nelle identiche condizioni il sussidio venne loro negato. Significativo è il caso di Saggioro Romeo operaio in una officina del gruppo mantovano ingegner Morsa che perdette il sussidio. Il comandante del settantaduesimo reggimento fanteria gli rispose “Che dal momento che egli fu comandato come operaio perdette il sussidio”.
Scriveva l’esattoria di Monselice al sindaco precisando ” che i sussidi alle famiglie dei richiamati erano stati già pagati per un valore di 8000 lire in più dei fondi depositati per tali pagamenti e che quindi lo scrivente si trovava nella necessità di dover rifiutare qualunque altra richiesta di pagamento. Semplificando mancavano i soldi, ma il sindaco rimproverò l’esattoria perché non aveva ancora rendicontato i soldi consegnati nei due mesi precedenti. Il prefetto con un telegramma informò il sindaco di ritardare di alcuni giorni la somministrazione dei fondi.
3.35 Un monselicense internato a Sigmundsberg
Il soldato Temporin Luigi era ricoverato 4 settembre 1916 in gravi condizioni all’ospedale di Milano e chiedeva la visita di un parente. Mentre il soldato Sante Temporin era prigioniero internato a Sigsmundsberg dal maggio scorso assieme ad altri 180 mila militari: quasi una città. Finita la guerra oltre 500 mila prigionieri furono trattenuti nei vari campi di concentramento.
3.36 Rilascio di certificati ( di sussidio) a favore dei militari morti in guerra
La giunta rilasciò alcuni attestati di sussidio ai defunti dei militari quando erano l’unico sostegno alla famiglia. Ricordiamo: Greggio Maria, madre del militare Crema Antonio fu Menotti; Pertinacci Alberto padre del militare Pertinacci; Zerbetto Andrea padre del militare Zerbetto Valentino; Donato Luigi padre del militare Donato Angelo. Negò invece l’attestazione a favore di Toffano Giordano, padre del militare Giuseppe, in quanto non risultava che il defunto fosse il suo unico sostegno.
3.37 Un encomio per Scandola e medaglia per Buccolini
Il sindaco Bonacossi consegnò al soldato della compagnia automobilista Antonio Scandola l’attestato di encomio solenne per atti di coraggio e di eroismo compiuti il 16 luglio 1915 sull’Isonzo. Nel 1923 ricevette la croce di guerra al valor militare. La famiglia Buccolini ricevette la medaglia d’argento conferita all’eroico figlio sottotenente Giuseppe Buccolini. morto a Podgora il 1° novembre 1915
3. 38 Le battaglie d’autunno 1916 del Cadorna
Le spallate autunnali del 1916 si svolsero in tre riprese sul fronte dell’Isonzo e precisamente : la settima battaglia 14-17 settembre; l’ottava battaglia 10-13 ottobre e nona combattuta 1-4 novembre. Nelle tre battaglie gli italiani persero complessivamente 77.300 uomini e gli austriaci 74300.
3.39 La Settima battaglia dell’Isonzo (14 -18 settembre 1916).
Secondo le disposizioni del Comando Supremo, la 3ªArmata doveva avanzare sull’altopiano carsico. Il 14 settembre iniziò la battaglia. L’artiglieria scatenò il solito fuoco di preparazione al quale seguì l’attacco delle truppe ostacolato dalle avverse condizioni atmosferiche. Le truppe italiane delle brigate Granatieri, Ferrara, Lombardia, Napoli e i bersaglieri attaccarono le posizioni austro-ungariche e, a sera, erano riusciti a conquistare altri 300 metri. Il 16 e 17 settembre la battaglia terminò. La 3ª Armata era stata bloccata da una difesa nemica ben più solida del previsto. Gli austro-ungarici, indietreggiando lentamente erano sempre al riparo, mentre le truppe italiane avanzanti subivano il fuoco delle mitragliatrici avversarie.
Anche per questa volta le perdite italiane furono ingenti: 487 caduti, 15.371 feriti, 6.314 dispersi. Tra i monselicensi segnaliamo i caduti sul monte Cimone: Vicenzo Baldon, residente in via Savellon e Pietro Greggio di San Bortolo.
3.40 Censimento delle derrate alimentari
Con decreto del ministero dell’agricoltura del 14 settembre 1916 era stata ordinata la denuncia del granoturco. Il sindaco Bonacossi invitò parroci e cappellani di rendere noto dall’altare che dall’1° al 5 ottobre tutti coloro che avevano prodotto granoturco, siano essi proprietari, fittavoli, coloni ecc… dovevano farne denuncia all’ufficio municipale. Trenta furono le schede compilate dai monselicensi (es. Angelo Casatto denunciò 12 quintali di avena in granella, Vittorio Turettin 70 kg di avena e 8 kg di orzo (è l’unico a possedere orzo; tutti possiedono solo avena in granella).
3.41 Notizie dalla guerra, non tutte negative
La famiglia del soldato Cantin Giacomo, della classe 1894, non riceveva notizie del figlio da circa un mese e ‘temeva che sia venuto a mancare’. L’11 ottobre l’80° reggimento fanteria informò la famiglia che il soldato godeva di ottima salute ed era stato autorizzato a scrivere immediatamente alla famiglia.
Il ministero della guerra inviò l’atto di morte del soldato Donati Giovanni, mentre il soldato Zerbetto Giovanni era degente all’ospedale di Montebelluna in gravi condizioni. Il sig. Lodovico Botto chiese al 30° reggimento artiglieria da campagna che gli venissero consegnati i beni personali lasciati da suo figlio Arturo appena defunto. Più ‘fortunata’ la famiglia Montesso che ricevette un pacco di indumenti, 19 fotografie, 4 cartoline, 1 portafoglio, 1 portamonete, 2 rasoi, 1 pennello da barba, 1 boccetta per sapone, 1 pietra disinfettante, 1 lucchetto con chiave,1 anello argento e un fazzoletto e l.10,20 appartenente al figlio defunto Isidoro.
Infine il comitato nazionale per la raccolta dei rifiuti d’archivio chiese ad ogni comune la costituzione di un comitato per la raccolta della carta e dei rifiuti d’archivio a favore della Croce Rossa.
3.42 Ottava battaglia dell’Isonzo (10 – 13 ottobre 1916)
Con questa battaglia Cadorna riprendeva l’attacco sull’ Isonzo. Dopo il consueto bombardamento di preparazione, le truppe italiane andarono all’attacco secondo il solito schema Il 12 gli austriaci tentavano una serie di contrattacchi per riconquistare le posizioni perdute ma furono sempre respinti, con perdite elevate, e centinaia di austriaci furono fatti prigionieri. Con l’ottava battaglia dell’Isonzo, la linea del fronte era arrivata a pochi chilometri dalle difese di Trieste. Gli austriaci, per restringere il fronte ed avere più truppe sulle nuove linee, arretrarono di centinaia di metri, abbandonando la zona di Gorizia e ritirandosi su una nuova linea che andava dal monte Santo verso il mare.
Le perdite italiane furono di 2.942, caduti, 15.132 feriti e 5.790 dispersi. Tra questi Emmo Bernardi morto sul medio Isonzo per ferite riportate in combattimento.
3.43 Oggetti personali dei soldati morti al fronte
Gardin Teresa, vedova del soldato Alessandro Sartorello, morto a Castelnuovo sul Carso il 25 ottobre 1916, scrisse al 32° reg. fanteria per riavere gli oggetti personali del povero marito: un orologio d’argento e il portafogli contenente ben 50 lire. Dopo qualche giorno, arrivò la secca risposta dei militari nella quale si precisava che nessun oggetto del soldato era stato conservato presso quel comando e quindi non erano in grado di esaudire l’umile richiesta della vedova. Relativamente più fortunato è stato Boetto Ludovico, zio del soldato Boetto Arturo, caduto ad Asiago il 14 luglio 1916. Zio Ludovico ricevette dai militari un pacco con gli effetti personali del povero Arturo. Ma da un controllo emerse che mancava un vaglia di 20 lire. Preoccupato lo zio scrisse una lettera al comando del figlio per chiedere spiegazioni. Dopo qualche giorno, il capitano tranquillizzò Ludovico informandolo che la procedura per ottenere il vaglia era più complessa, ma i soldi di Arturo alla fine sarebbero stati consegnati alla famiglia.
Il 7 novembre 1916 il sindaco ricevette dal comandante del 34° reggimento fanteria un pacco contenente gli effetti personali del soldato Contesso Isidoro.
3.44 Ufficio notizie alle famiglie
Per informare le famiglie dei soldati al fronte si costituì un apposito ufficio. Ma negò un contributo economico per il suo funzionamento : “non avendo l’Amministrazione disponibili fondi all’uopo, oltre a quelli assegnati al Comitato di Preparazione Civile, a cui la Signora richiedente potrà rivolgersi”
3.45 Raccolta di ferro per il comitato di Assistenza civile
Anche nel comune di Monselice venne promossa la raccolta dei rottami di metallo a beneficio del Comitato di Assistenza civile. Nella nota si invitava il comune ad avvalersi per la diffusione dei manifesti: dei medici, dei maestri e dei parroci. Il cassiere del comitato era il prof. Cesare Ghiraldini. Le istruzioni venivano inviate dal comitato pro-soldato con sede in Padova.
3.46 Nona Battaglia dell’Isonzo 1-4 novembre 1916
Alla fine del mese di ottobre gli italiani, approfittando di un miglioramento delle condizioni meteorologiche, ripresero il bombardamento verso le linee nemiche che si intensificò il 1° novembre nella zona di Doberdò e Opacchiasella. La Terza Armata, con una concentrazione di 200 mila uomini in pochi chilometri, attaccò poco prima di mezzogiorno riuscendo a far arretrare gli austro-ungarici di alcuni chilometri. Ma il 4 novembre Cadorna decise di sospendere immediatamente le operazioni valutando che 39.000 soldati, fuori combattimento, erano troppi per quei pochi giorni di battaglia. Una scelta dettata anche a causa della stanchezza e dal morale dei soldati che, in quei giorni, era piuttosto basso. Dalla fine di agosto erano stati uccisi, feriti o catturati almeno 130mila uomini. Da più parti ormai si levavano proteste e aspre critiche sul modo di combattere .Cadorna rispose intensificando la censura e infliggendo pene sempre più severe a coloro che esprimevano giudizi negativi o pessimistici sull’andamento della guerra.
Morirono sul Carso Guelfo Cartelli, della Stortola e Ernesto Giora, di Isola Verso Monte; a Loquizza Antonio Padovan guadagnandosi 2 medaglie di bronzo al valor militare; sull’Isonzo Francesco Bottaro.
3.47 Bombardamento su Padova dell’11 novembre 1916, il comando si trasferisce ad Abano
Da qualche mese a Padova, dopo i primi bombardamenti, non si registravano incursioni e sorvoli da parte di aerei nemici. L’11 novembre però le bombe colpirono 2 edifici e causarono 93 vittime e 96 feriti. Altri bombardamenti si ebbero il 28 dicembre e il 5 gennaio 1917 con 22 morti. Fu a seguito di queste incursioni che il comando supremo abbandonò la città per trasferirsi ad Abano Terme
3.49 Ufficio funebre per i caduti e nuova minaccia ai parroci di andare al fronte
L’arciprete abate mitrato di S. Giustina invitò il consiglio comunale alla solenne ufficiatura per i soldati caduti, fissata in Duomo il 17 novembre 1916. Anche il parroco di Santa Giustina Fontana Giovanni classe 1978 fu costretto a chiedere dispensa dalla chiamata alle armi. Il distretto militare gliela concesse avvisandolo però che ‘se cessare dalla carica per la quale ottenne la dispensa doveva subito presentarsi alle armi’. La stessa procedura anche per Don Girolamo Campagnolo economo spirituale della parrocchia di San Martino. Il 24 novembre 1916 nella lista di leva dei nati nell’anno 1898 risultavano 137 iscritti.
3.50 Soldati alloggiati anche presso le famiglie e nuovo errore
Il sottotenente del 58° Reggimento fanteria Arturo Zabberoni dichiarava di avere alloggiato presso la famiglia Billoro in via Pescheria n. 5, dal 2 novembre al 25 novembre. Il ministero della guerra trasmise al comune di Monselice l’atto di morte del soldato Trovò Giuseppe… ma il 17 luglio 1918 rettifica dell’atto di morte (non era morto) … e il soldato viene regolarmente riscritto nei registri di stato civile.
3.51 Ripartizione delle spese per alloggio dei militari
Il sindaco precisò all’autorità militare che il comune non aveva l’obbligo di provvedere all’alloggio per le truppe distaccate a Monselice. Doveva invece alloggiare le truppe di passaggio. A fine dicembre 1916 erano presenti a Monselice i militari del 97° battaglione M.T.; dell’11° autoparco; del distretto militare di Mantova, all’ospedale militare e a un battaglione del genio lagunari. Per tutti il comune facilitò l’acquisto delle provviste, ma si fece poi rimborsare l’importo anticipato dai militari.
Il sindaco Bonacossi informò la signora Anna Maria Giraldin ‘che l’amato figlio Gino Bettio era irreperibile. Era imbarcato nel piroscafo “Umberto”, di ritorno dall’Albania. La nave venne silurata dagli austriaci l’8 giugno, ma non si avevano notizie di Gino.
5.52 Una bambola della Regina per Ester
Ester Bozzetti, figlia del maestro elementare Anselmo, chiese a sua maestà la regina una bambola. Impietosita dall’insolita domanda la regina Elena del Montenegro inviò una delle sue bambole alla bambina monselicense. Possiamo solo immaginare la felicità del sindaco Bonacossi dell’arrivo in municipio della lettera inviatagli dal ministro della Real casa e del pacco contenente il prezioso giocattolo con la precisa indicazione di portarglielo alla figlia del maestro.
5.53 Dimissioni del Comitato di Preparazione Civile e provvedimenti
Il Comitato di Assistenza Civile rassegnò le dimissioni, con decorrenza 15 dicembre 1916. Il consiglio nel prendere atto con rammarico delle loro decisioni nominò un nuovo comitato composto da: Brigo Dott. Giuseppe ; Prevedello Mons. Pietro; Dell’Agnolo Cav. Giuseppe, nonché di proporre all’Ill.mo R° Prefetto per la nomina di sua spettanza i Signori: Mingardo Don Basilio; Chiavellati Dott. Enrico; Bozzetti Anselmo. Il Consiglio incaricò inoltre il segretario e il ragioniere di stendere un apposito verbale da cui risulti la situazione finanziaria al 15 dicembre 1916.
3.54 Nuovi controlli tra i riformati …anche nei conventi !
Nuova visita dei riformati nati negli anni 1876-1881. Anche il religioso Domenico Greggio domiciliato presso i padri francescani di San Giacomo fu inserito nella lista, ma dopo qualche controllo gli fu dato il congedo provvisorio,
3.55 Renitenti alla leva
La prefettura inviò al sindaco i nominativi di 12 renitenti alla leva, dalla classe 1886 al 1894, eccoli B. Giovanni, contadino; B. Zaccaria, contadino; B. Vittorio, contadino; C. Felice, contadino; F. Ermenegildo, muratore; G. Edoardo, contadino; G. Arrigo, contadino; M. Giovanni, contadino; N. Luigi, contadino; R. Stefano, contadino; S. Virgilio, contadino; Z. Giuseppe, contadino. Precisiamo che gli elenchi erano pieni di errori.
Nel secondo anno di guerra morirono per ferite o per malattia 59 monselicensi

© 2025 a cura di Flaviano Rossetto
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