Chiusa la parentesi scaligera Monselice, che aveva conosciuto nel Duecento anche una notevole crescita demografica ed era ormai approdata a una dimensione “quasi urbana”, si vide confermare la sua funzione militare. All’età carrarese viene attribuita la costruzione della cerchia muraria più esterna, di cui restano oggi alcune parti. Verso la fine del secolo fu edificato anche un non meglio precisato fortilicium, realizzato su un terreno espropriato alle monache di San Zaccaria su impulso di Francesco il Giovane.
Il 6 novembre 1354 la cittadina euganea ebbe un ospite illustre: Carlo di Lussenburgo, accolto per una notte nel complesso di edifici che in seguito passeranno ai veneziani Marcello mentre era in viaggio verso Mantova e Milano per essere incoronato.
Ma oltre a una prestigiosa dimora di rappresentanza, Monselice rappresentò per i signori padovani anche il luogo dove si risolsero alcune lotte dinastiche interne. All’ombra della Rocca venivano infatti esiliati o imprigionati i personaggi più scomodi della famiglia: Iacopino da Carrara vi rimase fino alla morte dopo che nel 1355 il nipote Francesco lo ebbe estromesso dal potere; nel 1374 qui fu spedito anche Niccolò, che aveva partecipato a una congiura. La triste vicenda di Jacopino da Carrara ha dato vita una famosa leggenda che trovi https://www.ossicella.it/monselice/giacomino-da-carrara-un-fantasma-nel-castello-di-monselice/
La sommità del colle costituiva poi un punto di osservazione dal quale in caso di necessità venivano subito messi in allarme i presidi sottostanti, e un centro di coordinamento per le manovre militari. Nel 1372, per esempio, durante il conflitto tra Francesco da Carrara e i Veneziani, da qui partivano i contingenti di soldati a cavallo che ad Agna avrebbero affrontato i nemici che arrivavano lungo l’Adige.
Nell’autunno 1371 nel castello di Monselice trovarono rifugio diversi nobili veneziani in fuga dalla pestilenza. Si diffuse inoltre tra le famiglie aristocratiche di Padova e della Serenissima il gusto per la villeggiatura nelle proprietà di campagna, sull’esempio di Francesco Petrarca: il poeta aveva trascorso la parte conclusiva della sua vita nella vicina Arquà, entrando in contatto con la pieve monselicense di Santa Giustina. Nella cittadina soggiornò sul finire del secolo pure l’umanista e giurista Francesco Zabarella.
A Monselice i Carraresi governavano tramite un podestà, che era chiamato a eseguire le direttive signorili ed esercitava in primis la funzione di amministrare la giustizia. Doveva poi mantenere l’ordine pubblico e assicurare il controllo politico della città, fare in modo che i soldati fossero adeguatamente addestrati e armati e rendere noti alla comunità proclami e “gride”, oltre a procedere alla riscossione delle imposte e ai pignoramenti nei confronti degli insolventi. Nel 1397 Francesco il Giovane da Carrara ordinò una parata delle milizie locali: sotto il vessillo rosso su cui risaltava l’immagine bianca della Rocca transitarono 3600 uomini in armi, dei quali 750 a cavallo. Este ne presentava invece 2300 in totale, con 450 cavalieri. Numericamente superiori erano le forze a disposizione di Montagnana, che con le ville della Scodosia raggiungeva i 4350; del vicariato di Conselve, 5350; della Saccisica, 6300; di Camposampiero, 5300.
Maggiori notizie Donato Gallo, L ‘epoca delle signorie : Scaligeri e Carraresi (1317-1405), p. 173-180. (I decenni della signoria scaligera ; I Carraresi a Monselice; Istituzioni , società , popolazione; Note). [Vai…] |
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